Le femministe contro la maternità surrogata

Il tema delle unioni civili e delle coppie omosessuali ha contribuito a riaccendere l’attenzione sulla pratica dell’utero in affitto, aprendo a una riflessione profonda sui concetti di genitorialità e di maternità surrogata: avere un figlio è un diritto della persona o rischia piuttosto di tradursi in un desiderio egoistico, da realizzare “a tutti i costi”?

Il fronte di chi condanna la pratica dell’utero in affitto è ampio e variegato, e conta al suo interno associazioni femministe, ma anche parlamentari e ricercatori che il prossimo 2 febbraio si daranno appuntamento a Parigi per un convegno sull’Abolizione universale della maternità surrogata.

A spiegare le motivazioni di questa condanna c’è – fra gli altri – la femminista francese Sylviane Agacinski, che con l’associazione “Collettivo per il rispetto della persona” combatte da anni contro la maternità surrogata: far nascere un bambino per conto terzi non è un atto di generosità, ma un gesto che sottende all’esistenza di un vero e proprio mercato che sfrutta il corpo delle donne non meno di quanto fa la prostituzione.

Insomma, la donna viene vista esclusivamente come uno strumento per produrre – sì, produrre, come se fossero oggetti in serie – dei figli, in un rapporto che è regolato dal denaro e che diventa, per le donne che vivono in contesti disagiati, forse l’unico modo per uscire dalla miseria, seppur a un prezzo altissimo. Non a caso, la maggior parte delle donne che si prestano ad affittare il proprio utero sono donne che vivono in paesi poverissimi.

Oltre alla vendita del corpo, altro problema che apre la maternità surrogata è la “cancellazione” della madre, della donna che ha partorito il bambino e che, dopo il parto, non ha più nessun diritto sul piccolo. Il che è una negazione evidente e se vogliamo innaturale del legame prenatale fra madre e figlio.

Certamente molto spinoso, il tema della maternità surrogata spinge a chiedersi dove arrivano i diritti dei genitori, dove quelli dei figli e del corpo della donna più generale.

Voi cosa ne pensate?

Il video della settimana

7 commenti

Rispondi a RemoCancella risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  1. “Insomma, la donna viene vista esclusivamente come uno strumento per produrre – sì, produrre, come se fossero oggetti in serie – dei figli, in un rapporto che è regolato dal denaro e che diventa, per le donne che vivono in contesti disagiati, forse l’unico modo per uscire dalla miseria, seppur a un prezzo altissimo. Non a caso, la maggior parte delle donne che si prestano ad affittare il proprio utero sono donne che vivono in paesi poverissimi” a parte il fatto che basterebbe renderla legale in Italia per cui non sarebbero più persone appartenenti a paesi poverissimi. Ma si vede che per queste femministe è meglio che queste donna abbiano la prostituzione come “unico modo per uscire dalla miseria” visto che in concreto non si propone nulla per combattere la miseria e quindi affrancerle dalla necessità per far sì che sia un atto di volontà.