Non si urla con i bambini! Ecco perché…

Quante volte, per farci ascoltare dai nostri bambini scatenati e capricciosi li abbiamo rimproverati urlando a gran voce, fino a rimanere afoni senza ottenere nulla di quello che ci saremmo aspettati?

Ebbene, pare proprio che urlare ai figli non serva a nulla. A dirlo sono in tanti. Ad esempio uno studio americano di pochi mesi fa pubblicato sulla rivista Child Development ha rivelato che le urla non migliorano il comportamento dei ragazzi, anzi lo peggiorano, e li rende depressi e antisociali.

Anche Daniele Novara, pedagogista e consulente, nel suo libro Urlare non serve, sottolinea che alzare la voce, non porta a nulla. I figli, di fronte a un rimprovero gridato, reagiscono in maniera negativa. In questo modo, quindi, si rischia solo di peggiorare i loro comportamenti scorretti. Lo stesso autore, infatti, afferma che: “Il bambino a cui abbiamo urlato, che abbiamo sgridato, strattonato, l’adolescente sminuito, umiliato, acquisisce un senso di sé svalutato. Svilupperà un’autostima molto bassa. Che lo farà stare male e che comprometterà il rapporto che i genitori vorrebbero avere con lui”.

Alla base delle continue urla dei genitori ci sarebbe un progetto educativo non chiaro, più concentrato sull’accudimento dei figli che sulla loro reale educazione. Oggigiorno il modello genitoriale è cambiato rispetto al passato. Fortunatamente il genitore non ha più un ruolo autoritario come in passato e il rapporto con i figli non si fonda più sulla paura. E, in quest’ottica, urlare non ha alcun senso.

Ma per i genitori moderni non è sempre facile. Infatti, se da un lato è positivo che il modello autoritario sia stato abbandonato, dall’altro un’eccessiva morbidezza da parte di mamma e papà potrebbe far loro sfuggire la situazione di mano e, conseguentemente, far crescere la rabbia di fronte agli atteggiamenti negativi dei figli.

Quello che conta è avere un progetto educativo comune organizzato, con regole precise, semplici e condivise, che rendono i comandi e le imposizioni inutili.

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