Quello che le etichette non dicono, anzi, non diranno

Da tempo ormai ci martellano con una frase che sembra quasi un mantra: “prima di acquistare un prodotto leggete sempre l’etichetta”. Certo, perché è giusto sapere cosa portiamo in tavola e cosa facciamo mangiare ai nostri bambini e non solo a loro. Lentamente abbiamo preso questa buona abitudine, non solo, leggiamo attentamente gli INCI dei prodotti per la cura del corpo e per la pulizia della casa, facendo nostri termini come PEG, Parabeni, e quant’altro. Per chi poi proprio non ne cava piede arrivano in soccorso diverse possibilità, come l’app Biotiful, che scansiona i codici a barre e ti dice l’inci, o siti che spiegano ingrediente per ingrediente com’è fatto un prodotto.

Ora però, almeno in campo alimentare, la buona abitudine ad acquistare cibo italiano verrà compromessa dalle nuove leggi del mercato europeo, despota e anche un po’ tirannico, che legifera portando acqua al suo mulino. A volerla dire tutta, la nuova impostazione delle etichette sembra favorire decisamente le grandi multinazionali a discapito dei produttori locali. Un momento, non stiamo gridando al complotto, ma semplicemente esponendo la realtà dei fatti, vediamo perché.

Dal 13 dicembre scorso son cambiate molte cose per quanto riguarda le etichette dei generi alimentari. In realtà lo scopo del cambiamento era quello di rendere tutto più trasparente, ma la faccenda si fa torbida. Le nuove etichette saranno più grandi. Dal punto di vista del contenuto invece doppia mazzata: i prodotti italiani dovranno recare l’indicazione del luogo di produzione mentre tutti gli altri Paesi europei genericamente e a discrezione. Ma dove sta il problema? Sta nel fatto che non venendo indicato il luogo di produzione i consumatori non avranno la certezza di consumare un prodotto italiano, ma potranno inconsapevolmente acquistare il prodotto di una grande multinazionale che imita quelli italiani.

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