Vaccini e autismo: una pericolosa non scoperta (II PARTE)

Ed eccoci al resto della storia di Wakefield: l’uomo che ha creato pericolosa associazione, nell’immaginario collettivo, che il vaccino MPR, ovvero il trivalente contro Morbillo, Parotite e Rosolia provochi l’autismo.

Un assistente rivelò che i dati erano stati MANIPOLATI per avere il risultato sperato: e tutti i ricercatori che avevano partecipato si ritirarono. L’ospedale nel quale lavorava lo licenziò. Quest’uomo quindi aveva non solo seminato il panico in tutto il mondo, ma anche sottoposto 12 bambini indifesi ad esami molto invasivi come la colonscopia e le punture lombari, assolutamente inutili.

Ma il peggio doveva ancora arrivare, dicevamo nella prima parte dell’articolo. Alla fine il “caso Wakerfield” scoppiò come una bomba: Wakefield era stato pagato 500 mila sterline da parte di un avvocato inglese che seguiva i casi di bambini autistici e che aveva illuso i genitori garantendo loro di poter dare un risarcimento per la loro malattia. Il medico aveva inoltre brevettato tre vaccini per sostituire l’MPR. Insomma, si preparava a diventare miliardario.

Morale della favola: chi diceva di lottare per la verità, era colui che in realtà si preparava a guadagnare un intero patrimonio sulle spalle dei bambini. E tra vaccini e autismo non esisteva e non esiste alcuna correlazione.

Tra il 2001 e il 2007, negli Stati Uniti è stato fatto un nuovo studio, (e citiamo questo per la vastità del campione, ma sono davvero tanti gli studi che arrivano alla stessa conclusione) che ha coinvolto stavolta 95 mila bambini vaccinati e non, di cui una parte con casi di autismo.

E ha dimostrato che non esiste nessun legame tra questa patologia e l’autismo. In pratica, ha dimostrato come l’autismo insorga anche in bambini non vaccinati, e come il vaccino non provochi l’autismo anche in bambini a rischio, con fratelli che hanno già la stessa sindrome.

Ciò non toglie che il vaccino, come ogni medicina, va usato in maniera consapevole e può avere i suoi effetti collaterali anche gravi: ma se avete dubbi, non esitate a parlarne con il vostro pediatra.

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