I bambini atei sono più altruisti di quelli religiosi?

Un recente studio condotto negli States e pubblicato sulla prestigiosa rivista Current Biology, ha dimostrato che i bambini educati all’ateismo sarebbero più altruisti e generosi rispetto ai coetanei religiosi, indipendentemente dal credo praticato. Vediamo nel dettaglio cosa è emerso da questa ricerca.

Lo studio americano sui bambini atei

Lo studio americano “The Negative Association between Religiousness and Children’s Altruism across the World”, che è stato coordinato dal neuroscienziato Jean Decety dell’Università di Chicago e che è stato condotto su un campione di  1.170 bambini di età compresa tra i 5 e i 12 anni, ha suscitato un enorme interesse sia da parte dei detrattori che da parte di coloro che ne condividono in pieno i risultati.

Esso ha inteso dimostrare che i bambini atei sarebbero più solidali con il proprio prossimo rispetto ai bambini religiosi (quelli coinvolti nella ricerca erano cristiani e musulmani). Questi ultimi, hanno rilevato i ricercatori, sono più propensi a infliggere punizioni, sono meno predisposti alla condivisione e particolarmente avvezzi a correggere il proprio prossimo. D’altra parte è anche emerso che i bambini religiosi sono meno capaci di cogliere le sfumature della vita, ovvero tendono a dividere in maniera netta ciò che è reputano giusto da ciò che reputano sbagliato, finendo con l’avere una visione dicotomica dell’esistenza. In particolare coloro che sono stati educati attraverso i principali dettami della religione sono portati a credere che la preghiera e il rispetto delle regole di un determinato culto li renda migliori degli altri. Essi, in altri termini, si fanno portatori di un pregiudizio inconscio denominato in psicologia “moral licensing” (autorizzazione morale).

Bambini atei e bambini religiosi: i primi sarebbero più intelligenti

Un altro studio, condotto da un team di ricercatori dell’Università di Rochester di New York e pubblicato sul sito internet del celebre quotidiano The Independent, partendo dal presupposto che esiste un legame tra cervello e fede in Dio, ha dimostrato che i bambini credenti sono meno intelligenti dei bambini atei. 

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