Bambini dislessici e distratti: ma è proprio loro la colpa?

In poco meno di 10 anni le certificazioni di disabilità sono aumentate in modo preoccupante.

I BES, alunni che hanno necessità di un educazione scolastica particolare, sono sempre di più e questo sarebbe di per sé sufficiente a indurci alla riflessione. Posto che non si è scatenata alcuna epidemia che causa questi effetti, ci troviamo certamente davanti a un’eccessiva medicalizzazione di quelle che sarebbero invece da considerare normali differenze caratteriali e attitudinali tra i bambini.

Infatti, oggi un bambino vivace viene identificato (nonché bollato) come bambino con disturbi di concentrazione, ADHD, o un bambino che fa fatica a leggere e confonde le lettere o i numeri viene classificato come dislessico e discalculico in tempi davvero troppo brevi, senza nemmeno aspettare di vedere l’evoluzione del suo percorso d’apprendimento.

Quindi di chi è la colpa?

Gli insegnanti

Forse di tutti e tre questi attori. A scuola molti insegnanti, pressati da un programma ministeriale da seguire e con mille altre problematiche, sovente non si prendono la responsabilità di seguire un alunno che resta più indietro, per vari motivi e non necessariamente per patologie, più indietro degli altri. Non è semplice quando ci si ritrova con 4 o 5 studenti che manifestano comunque esigenze diverse rispetto agli altri compagni.

I genitori

Non è semplice perché fin troppo spesso manca un lavoro sinergico con le famiglie. Ci sono tanti genitori che non possono dedicare tempo ai figli a causa degli impegni lavorativi e così non possono “fare squadra” con gli insegnanti.

La società

Forse va sottolineato un certo lassismo da parte di tutti, delle istituzioni e della società in genere, che sembra essere sempre troppo di corsa per fermarsi a valutare ogni singolo aspetto delle differenze tra bambino e bambino. E allora forse risulta più facile etichettare, bollare e curare con farmaci.

Forse è più facile fare diagnosi di disturbi dell’attenzione e di dislessia piuttosto che pensare a quel bambino come un bambino che, magari, ha solo un bisogno particolare di attenzioni e di essere seguito.

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6 commenti

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  1. Articolo allucinante!! Innanzitutto chiariamo che avere una diagnosi di DSA significa avere gli strumenti per superare i limiti oggettivi che un individuo ha e stare al passo con gli altri senza fatica inutile; perché far vivere male il momento dell’apprendimento a un bambino quando esistono i metodi perché esso sia felice e sereno?
    L’autore di questo articolo evidentemente non è mai stato dietro una cattedra altrimenti saprebbe che dare un nome a un disagio di un bambino non vuol dire togliergli il sacrosanto diritto alla sua unicità ma lavorarci ancora di più.
    Concludo dicendo che ogni bambino ha i suoi tempi e i suoi modi, con o senza DSA.

  2. Però è anche importante saper valutare questi problemi: mio fratello che è dell’82, disgrafico, è stato per anni bollato come un bambino sfaticato e poco intelligente, finchè grazie alla perseveranza di mia madre un logopedista non ha migliorato la situazione. Ci si nasce. E non era un problema si carattere.