Bimbo morto a 5 anni: sotto accusa i fumi dell’Ilva

Quando un bimbo muore a 5 anni per un tumore non sembra che ci sia molto da aggiungere, ma non è giusto dimenticare e perdere la memoria di tragedie così grandi che rimangono in sospeso, come l’interrogativo se tutto ciò potesse mai essere stato evitabile.

Sono ancora da confermare le ipotesi fatte fin da subito dai familiari del piccolo Lorenzo Zaratta, morto quasi due anni fa a soli 5 anni. Eppure già le prime indagini scientifiche e mediche sembrano dare ragione a quel primo grido di disperazione che si era sollevato quando il piccolo si era ammalato di tumore al cervello.  

Il lungo calvario di Lollo, durato quanto la sua stessa vita

Già il 17 agosto 2012 il padre Mauro era salito sul palco durante una manifestazione contro gli avvelenamenti del polo siderurgico che seguirono il sequestro dei sei reparti dell’area a caldo dell’Ilva e aveva mostrato le foto del figlio intubato, sofferente per il tumore che lo aveva aggredito e lo stava consumando. Sosteneva che “da quei camini” uscisse “gas in grado di modificare il Dna e provocare errori genetici come quelli del  figlio.” 

Lollo si era ammalato a soli tre mesi di vita e ha lottato per 5 anni lunghissimi anni in cui ha conosciuto solo sofferenza, è stato sottoposto a ben 25 operazioni chirurgiche e numerosi cicli di chemioterapia molto pesanti. Eppure ha sempre combattuto da vero eroe, diventando uno dei simboli della lotta all’inquinamento nella terra dell’Ilva. 

Un’intera famiglia vittima dei fumi dell’Ilva

Fin da subito è stato detto che la mamma Roberta aveva lavorato nel quartiere Tamburi prima e durante la gravidanza, proprio vicino al complesso industriale, e questo poteva essere una causa importante per la malattia del piccolo; inoltre il padre sottolineava come anche i suoi nonni e sua madre lavorassero lì e fossero morti di tumore a loro volta. L’esposizione della mamma in una zona così a rischio tra ciminiere e parchi minerari può aver determinato la contaminazione fatale per il bambino. 

Sembrava che l’accusa della mamma e del papà del piccolo Lorenzo non potessero essere provate e invece, stando alle ultime prove consegnate alla Magistratura, pare che questa storia possa essere tragicamente confermata. Dall’analisi di alcuni campioni organici, predisposta già a suo tempo, è emerso un risultato sconvolgente: nel cervello di Lorenzo c’erano “numerosi corpi estranei” di natura metallica e ceramica. Nel suo corpo erano presenti acciaio e altre sostanze che non dovevano esserci, come ferro, zinco e persino silicio e alluminio.

Ora il procedimento giuridico continuerà per accertare la verità in ogni senso, rendere giustizia al piccolo Lorenzo e aiutare tante vittime come lui. 

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