Partorire in anonimato: ora il figlio potrà conoscere la sua mamma?

Secondo i dati diffusi dalla Società Italiana di Neonatologia, nel nostro Paese ogni anno nascono oltre 400 bambini che non sono riconosciuti dalla madre, preferendo optare per partorire in anonimato, tutelandosi e tutelando la salute del nascituro.

Partorire in anonimato per tutelare madre e figlio

Partorire in anonimato è un diritto stabilito dalla legge italiana per garantire alla donna che non intende assumersi la responsabilità del proprio bambino, di essere assistita da un qualsiasi ospedale presente sul territorio nazionale.

Questo decreto legislativo, tuttavia, è stato approvato soprattutto con l‘intento di salvaguardare la salute del nascituro ed evitare il più possibile il rischio di aborto. In base all’articolo 30 del DPR 396/2000, quindi, nell’atto di nascita del neonato sarà scritto “nato da donna che non consente di essere nominata” e il nome della madre resterà per sempre segreto.

I rischi del nuovo disegno di legge 

La legge che consente di partorire in anonimato, tuttavia, potrebbe subire delle variazioni e al Senato è già in programma una modifica sostanziale della stessa che abbasserebbe l’anonimato della madre naturale da 100 anni (come previsto finora) fino al compimento della maggiore età del figlio non riconosciuto.

Secondo diverse associazioni, tra cui l’Aanfa (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie), la nuova proposta è alquanto discutibile poiché renderebbe in un certo senso nulli gli sforzi del decreto ministeriale attualmente in auge. Secondo gli oppositori, infatti, una rimodulazione della legge sull’anonimato potrebbe causare una crescita sostanziale del numero di aborti e di abbandoni.

Altro punto scottante riguarda il diritto alla privacy della donna che potrebbe vedersi sottratta il diritto alla riservatezza e trovarsi in situazioni difficili.

Solo a 25 anni e se la madre è d’accordo

Le diverse associazioni di genitori adottivi e figli adottati hanno avanzato l’opportunità di spostare la soglia del riconoscimento a 25 anni, previo il consenso della madre da richiedere al Tribunale per i Minorenni.

Del resto, che senso avrebbe conoscere chi non vuole saperne nulla del proprio bambino?

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8 commenti

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  1. Si,hanno diritto e quoto il riconoscimento!!! Io sono stata adottata e all’eta’ maggiore 18 anni ho chiesto al consolato di indagare su mia madre e ho scoperto il suo nome e che non poteva tenermi xkè era povera e.poi aveva problemi con varie droghe!!! Almeno vivo e só la motivazione il perche’ dell’abbandono!!! Ma per me la mia vera mamma resta quella che mi ha cresciuta!!! <3 e non quella che mi ha messa al mondo!!!

  2. Bpensate a tutti i bambini abbandonati e poi adottati .é giusto che sappiano le loro origini .é un tassello importante nel puzzle dello loro vita é una curiosità fondamentale x che possano vivere serenamente

  3. Giusto o sbagliato, chi siamo noi per giudicare?!Voglio dire,se una donna abortisce non va bene perché uccide una creatura, se non lo riconosce non va bene uguale,se lo cresce nella miseria è un’irresponsabile perché ha dato la vita a un bimbo che non poteva mantenere…ogni donna,ha la sua storia e se rinuncia a crescere suo figlio ci sarà un motivo valido…credo che il bimbo abbia il diritto,se vorrà,di conoscere i suoi genitori e la loro storia, e son sicura che appena crescerà lo farà sicuro!

  4. Quoto Lu Na …cambiare la legge è disincentivante per chi non può tenere il bambino… tutelare la nascita rispetto al diritto di conoscere la propria madre purtroppo è prioritario

  5. Se già prima molte li abbandonavano x non far sapere nulla… figuriamoci con sta legge…. anche se giusto, non penso sia una buona cosa