Tutela del lavoro in maternità: ancora troppa discriminazione

Nella società di oggi essere mamma è sempre più difficile. Chi non ha un lavoro vorrebbe averlo per contribuire al benessere della famiglia. Chi è mamma lavoratrice combatte ogni giorno contro discriminazione e mancanze di tutele, che obbligano a rendere la maternità molto complicata.

Ne parla Paolo Fantauzzi in un recente articolo su L’Espresso raccontando alcune storie che, se non lo sapessimo, sembrano arrivare dai film. Le storie raccontate, oltre a far provare sdegno per questa società ancora troppo indietro sulla tutela della maternità e delle donne, fanno emergere quanto può essere delicato il rientro al lavoro dopo che si è diventate madri.

Ma perché ancora oggi si lega la parola discriminazione alla parola maternità?

Lavoro vs Maternità

C’è la mamma che non ha diritto al riposo e che viene costretta a lavorare durante il congedo di maternità; c’è la mamma che, a pochi giorni dal rientro a lavoro, dopo la nascita del figlio viene trasferita a chilometri di distanza dalla famiglia con lo scopo di spingerla alle dimissioni volontarie.

C’è la neomamma a cui vengono date le ferie forzate per metterla in cassa integrazione anche se l’azienda è in attivo o quella che viene spinta ad accettare l’indennità di disoccupazione, una prospettiva ritenuta dal datore di lavoro appetibile e quasi salvifica.

L’importanza del fare INFORMAZIONE

Dopo il fervore mediatico che ha scatenato la campagna di comunicazione del Fertily Day ideata dal Ministero della Salute, il primo passo per tutelare la donna che diventa mamma è quello dell’informazione.

Far conoscere le storie di queste donne che non possono godere del congedo di maternità per richiesta di aziende e datori del lavoro, che sono costrette ad accettare demansionamenti  o trasferimenti lontani dalla famiglia pur di non perdere lo stipendio, è la prima lotta alla discriminazione sul lavoro.

La tutela della donna sul lavoro, infatti, ha avuto tante conquiste nel corso del tempo. Combattere i furbetti della maternità, come li chiama il giornalista de L’Espresso si può. Serve molto coraggio e fiducia, ma è l’unica soluzione per far valere i propri diritti di donna e madre.

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13 commenti

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  1. Il caso delle due donne costrette a lavorare in maternità per diventare dipendenti a costo zero trattasi dell’ormai famoso caso del tour operator Vagabondo Viaggi, che tenta anche di difendersi online con un comunicato pubblico abbastanza campato per aria
    https://www.vagabondo.net/it/bramito/in-risposta-alle-accuse-di-sarita
    Le due dipendenti sono state anche licenziate.
    C’è da dire GRAZIE alla dipendente che ha denunciato. Anche io sul lavoro, in passato, sono stata vittima di discriminazioni del genere (ma non così gravi) e devo dire che denunciare è difficile e doloroso.
    Spero che i giudici condannino questi datori di lavoro (uomini presumo) senza scrupoli.
    La legge condanna solo a 6 mesi di reclusione il datore di lavoro che impiega dipendenti durante il congedo. Non vi sembrano pochi?
    Per fortuna qui, come si legge nell’articolo, li stanno indagando per l’altro reato penale, truffa allo Stato, che sono 6 anni di reclusione per ogni truffa.
    Servono nuove leggi a tutela della maternità e serve applicarle. E serve DENUNCIARE ragazze.

    Paola

  2. Alla collega hanno dato sostituzione, aspettativa non retribuita, part/time orizzontale x sempre visto richiesta entro2011 e a me non spetta più niente … chi arriva prima meglio alloggia!? Non so nemmeno se riesco ad ottenere un part/time temporaneo e mi devo fare 220km al giorno x andare a lavorare x essermi trasferita dai nonni perché sono madre single e ho bisogno d’aiuto!

  3. 2016 sembrava una data così tanto avanti quando la pensavamo negli anni 80 o 90 …..ed eccoci qua ,nel 2016 si è ancora c’è e continua ad esserci discriminazione per la donna !!!! 😠😠😠😠😤

  4. Si perché noi donne con figli veniamo definite un danno aziendale e tutto questo grazie al nostro amato stato che non da servizi, non agevola le famiglie e non agevola nemmeno le aziende!zero tutela e zero rispetto per la famiglia!Immenso schifo!!!

  5. E quelle che una volta rientrate al lavoro vengono trattate come delle malate di mente. Ho fatto un figlio non ho subito il trapianto di cervello!!!! Come si lavora e come si accende il computer me lo ricordo ancora….grazie!!!!

  6. Già….lo stato italiano non aiuta le famiglie che purtroppo non hanno nessun aiuto (nonni zii ne babysitter perché non si la possono permettere).. e in gran parte le mamme rinunciano per obbligo al loro lavoro per poter accudire il bimbo/a.
    Tanti dicono che “porta a nido cosi sei tranquilla” . Ma al nido si ammalano spessissimo….e chi sta con loro a casa poi??? Perché un datore di lavoro forse una volta, due non dice nulla…ma poi si guarda la sua tasca e vede che ha solo da perdere, quindi licenziano per prendere persone DISPONIBILE!
    Fatte qualcosa anche per noi quelli che siamo da soli e vogliamo avere una famiglia completa ma anche una vita lavorativa..insomma una VITA NORMALE!

    • Madalina mi rivedo in ciò che scrivi…io ho provato a rientrare che il piccolo Aveva 6 mesi, iniziato inserimento nido a 5, 500 euro al mese, fortunatamente permessi di allettamento Ma arrivavo a casa alle 17… Al suo anno sarebbero state le 18:30…uscendo di casa alle 07.
      Per cosa?! Chiamate del nido per i denti che portavano vari fastidi, sono rientrata senza usufruire di tutta la facoltativa e mi sono ritrovata con una posizione completamente diversa e con delle colleghe che mi trattavano come l ultima ruota del carro…senza più prospettive di carriera dopo 4 anni di sudori e fatiche.
      Ho mollato il lavoro…mi godo mio figlio…ma che rabbia questo mondo che deve ringraziare le donne di esistere, ma non ci rende giustizia <3