Lupetti & cocinelle: lo scautismo e il suo metodo educativo

Li abbiamo conosciuti nel fumetto Topolino come Giovani Marmotte, li abbiamo visti e rivisti in tv come Boy Scout, ma cosa sappiamo di loro oltre al fatto che amano la vita all’aria aperta?

Gli scout dividono i ragazzi in diverse unità: branco, reparto e clan, a seconda della fascia di età di appartenenza.

In branco sono accolti i lupetti e le coccinelle, bambini dagli 8 agli 11 anni, nelle squadriglie del reparto guide ed esploratori (dai 12 ai 15 anni), e nel clan, rover e scolte, ragazzi dai 16 anni che svolgono servizio al’interno o all’esterno dell’associazione appartenente.

Ce ne parla Nicola Ollargiu, giovane capo scout con un lungo percorso alle spalle, in servizio presso l’associazione Agesci Capoterra3 di Capoterra, Cagliari.

Come nasce il metodo scout? 

A un secolo di distanza dalla sua nascita, il metodo si è evoluto adattandosi non solo alle generazioni ma anche alle società. Ogni gruppo è solitamente legato ad una associazione più grande (nazionale, regionale), che porta avanti lo scautismo con modi, strumenti e specificità proprie ma tutte si basano su quello originale di B.P. e sui principi fondamentali dello scautismo. Ci sono delle frasi che riassumono al meglio il metodo, come ad esempio:

  • Imparare da piccoli a diventare grandi“, che non significa chiedere ad un bambino di amministrare un paese, perché non sarebbe mai in grado di farlo, ma educarlo ed abituarlo ad assumersi delle piccole responsabilità, ad esempio svolgere i suoi compiti, rispettare la parola data, essere sempre gentile con tutti, aiutare e proteggere i più piccoli. Il metodo scout riassume tutto questo in una sola parola: AUTONOMIA, ovviamente rispettando tempi e capacità di ogni persona che è unica e irripetibile.
  • Imparare facendo“, cioè dare priorità all’esperienza, sviluppare le proprie competenze piano piano, spingendosi ad andare sempre un po’ oltre per migliorare, imparando non solo dai propri successi ma anche dai fallimenti, non facendosi buttare giù dalle sconfitte e dai fallimenti ma analizzandoli e metabolizzandoli per non commettere gli stessi errori in futuro.
  • Ask the boy” (chiedi al ragazzo), cioè parlare e confrontasi con i ragazzi per comprendere i loro bisogni e le loro esigenze, per aiutarli a crescere, con i modi e i tempi più giusti, sfruttando le opportunità e le situazioni più giuste, quelle che più possono attrarre piuttosto che allontanare. Il fatto che un’attività possa piacere a me capo/educatore infatti non significa che sia la più adeguata per i bambini o i ragazzi; oltretutto, dal momento che tutti i ragazzi sono diversi e hanno capacità diverse, non si può pretendere da tutti gli stessi impegni e le stesse cose indistintamente, appunto per questo non esistono delle “attività giuste” ma ci sono “attività adatte per alcuni ragazzi” .
  • Lasciare il posto migliore di come lo abbiamo trovato“, ossia rispettare quello che ci viene affidato, pensando che non appartiene solo a noi e che prima o poi lo userà anche qualcun altro, perciò non va danneggiato ma migliorato sfruttandone solo il necessario.
  • Guida da te la tua canoa, imparare a riconoscere la propria strada, seguendo le proprie aspirazioni, non lasciarsi scivolare le cose addosso ma viverle appieno da protagonisti. Guidare da se la propria canoa senza lasciarsi trascinare dalla corrente, cioè senza lasciarsi influenzare dalla massa o andare contro i propri ideali pur di farsi accettare.

A cosa mirano le attività proposte ai ragazzi?

Le attività mirano ad educare i ragazzi, infatti i gruppi scout fanno educazione e non animazione (i gruppi scout non sono baby parking!!!). Ogni attività ha i propri obiettivi educativi e vengono svolte determinate attività con gli strumenti più adeguati, studiate a seconda delle esigenze e delle diverse età. Ecco perché le attività si dividono per fasce (ciò che interessa ad un bambino di 8 anni non è ciò che attrae un ragazzo di 20 anni e viceversa). In linea generale l’educazione scout ha come oggetto 4 punti:

  1.  formazione del carattere, cioè imparare a prendere decisioni, avere fiducia e stare bene con se stessi, sviluppare una propria idea su quel che ci accade attorno, vivere con gioia e ottimismo la vita rispettando se stessi e gli altri.
  2.  salute e forza fisica, avere uno stile di vita regolare e rispettare il proprio corpo, in quando dono di Dio. Ricercare i migliori ritmi di vita, rispettando un alimentazione corretta, riposarsi adeguatamente, astenersi da ciò che ci può danneggiare come fumo, alcool, droga, vivere serenamente la propria sessualità ed imparare ad affrontare il dolore, la sofferenza, la malattia e la morte, poiché sono parte naturale della vita.
  3. abilità manuale, intesa non solo come manualità ma anche come creatività. Riuscire a creare e apprezzare il proprio lavoro anche se svolto con mezzi poveri, con fatica e con pazienza. Riuscire ad usare creare con essenzialità e semplicità.
  4.  servizio verso il prossimo, mettersi a disposizioni degli altri, soprattutto dei più deboli e dei più bisognosi. Assumersi le responsabilità nei confronti dei più giovani. Collaborare con gli altri per costruire un mondo migliore. Svolgere il proprio servizio gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio ma accettando quello che gli altri sono in grado di darci, anche se fosse solo un sorriso o un “grazie”, che valgono il sacrificio.

Come aiutate i bambini a crescere?

Il fine dell’educazione scout è formare bambini e ragazzi con la speranza che diventino buoni cittadini, uomini e donne che si interessino e si occupino della propria comunità, sempre pronti a rimboccarsi le maniche laddove dovesse servire, che si impegnino per costruire e migliorare la società per il bene comune.

Altra caratteristica dello scautismo è il lavoro nel piccolo gruppo. Il lavoro nel piccolo gruppo fa si che ognuno si senta utile, poiché per ognuno c’è qualcosa da fare ed ha la possibilità di rendersi utile per se stesso e per gli altri con la conseguenza di far sentire ogni individuo apprezzato per il proprio lavoro. Consente il trapasso di nozioni dal più piccolo al più grande, cioè insegnare quello che si conosce a chi ancora non ha conoscenza o competenza. Questo ambiente stimola nel più grande il desiderio di stare attento al più piccolo, educarlo e a salvaguardarlo; ugualmente consente al più piccolo di sentirsi protetto senza mai farlo sentire solo. Lavorare per gruppi educa i ragazzi a collaborare tra di loro, portandoli ad instaurare legami di amicizia, insegnando ad accettare le diversità e i difetti dell’altro, guardando ai pregi piuttosto che ai difetti degli amici.

Altra caratteristica è la vita all’aria aperta, che consente di apprezzare il creato come dono di Dio (la nostra associazione è Agesci, a stampo cattolico). È l’ambiente naturale dello scauting, cioè l’attività dell’uomo dei boschi (che non deve confondersi con il cavernicolo o con Robinson Crusoe), caratterizzato dal desiderio di avventura che proietta verso l’ignoto e spinge ad andare oltre la frontiera. La natura pone davanti delle difficoltà, che per vivere bene vanno superate. Lo scouting porta allo sviluppo di questa mentalità (affrontare e superare le difficoltà), e a metterla in pratica anche nella vita quotidiana, diventando quindi utile per la vita.

Perché fare scautismo?

Lo scautismo è un’agenzia educativa in sostegno alla famiglia. Premesso tutto quello che ho già detto, ritengo che lo scautismo consenta di vivere esperienze ed emozioni uniche, che la vita quotidiana o altri gruppi non offrono. Ovviamente lo scautismo è aperto a tutti ma è giusto dire che non tutti sono fatti per lo scautismo. Le attività sono molto variegate ed è difficile riuscire a spiegarle; penso che la cosa migliore sia provare almeno una volta nella vita le attività scout.

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