Anche le mamme vanno in vacanza…forse…

Negli ultimi due anni, come ho già scritto qua, non ho viaggiato molto perché viaggiare con figlio appresso mi spaventa. E non poco.

Un po’ per pigrizia, un po’ per paura dell’imprevisto, nell’ultimo anno ho ristretto le rare uscite a tutto quello che potevo programmare fin nei minimi dettagli.

E premetto che a me l’imprevisto piace. Non mi ha mai fatto paura. 

Questo prima di diventare mamma. Poi tutto (o quasi) è cambiato, a parte la pigrizia ché quella è rimasta inalterata. Ora cerco di organizzare, pianificare, incastrare, prevenire tutto quel che posso, cerco in ogni modo di non essere colta impreparata, di non farmi sorprendere da situazioni che ho paura di non saper gestire.

Inutile che vi dica che quando la vostra compagnia è rappresentata da un bimbo piccolo, o piccolissimo, l’imprevisto non è mai sottovalutato.

L’imprevisto ha nove, dieci, cinquanta vite, lui cambia forma e, ammesso che ne riusciate a prevedere uno, appena avrete tirato il fiato, eccolo davanti ai vostri occhi reincarnato in un nuovo pianto improvviso perché è appena passato il circo di Moira Orfei. O il carretto dei gelati. O il palloncino del vicino.

E se dalla mia organizzazione non posso ottenere il miglior risultato allora, mi sono detta, inutile anche provarci.

Viaggiare con un bimbo piccolo, così come uscire di casa bimbomunita, è un’esperienza altamente avventurosa. Può divertire o diventare un vero stress, il segreto sta, credo, nel rilassarsi (e rassegnarsi) all’imprevisto. I bimbi piccoli sì stressano, è vero, ma allo stesso tempo si adattano facilmente, non hanno bisogno di tutte quelle comodità che noi pensiamo siano indispensabili. E si entusiasmano da morire davanti alla novità.

Torno oggi da qualche giorno passato in Toscana, in campagna. Sono partita con una quantità di cibo bimbico, cucinato ed inscatolato dalla sottoscritta, che la metà sarebbe bastata per sfamare l’intera via in cui vivo. I giochi che avevo infilato in ogni tasca di ogni borsa e borsetta, per pudore, nemmeno li ho contati. Alla fine Pietro è stato per quasi tutto il tempo seduto sul pratino davanti al nostro appartamento, e strappare l’erba e chiamare il cagnolone dei padroni del bed and brakfast dove allogiavamo, è stato il suo impegno principale. Tanto che il cane mi ha segretamente ringraziato per la nostra partenza. Anche per il mangiare devo dire che sarebbe andata (magari meno bene, ma comunque andata) anche se avessi preparato meno frullati. Avrebbe mangiato meno salutare ma non sarebbe certo morto di fame.

Poi, certo, il relax è un’altra cosa, ma questa è una storia già raccontata.

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