Baby signs: comunicare con i bambini quando non parlano

Chiedete a un neogenitore qual è la colonna sonora delle sue giornate e avrete una risposta universalmente valida: pianti, pianti, urla e ancora pianti e pianti.

Nel corso dei primi mesi di vita, un bambino non fa altro che piangere in continuazione e, del resto, non potrebbe essere altrimenti: non conosce altri mezzi di comunicazione se non il pianto. Con questo strumento ci dice di aver caldo, sete, sonno, fame e di voler andar via da un posto che non gli piace.

Fin qui nulla di nuovo, starete pensando. Ma se riuscissimo ad imparare a comunicare meglio con loro? È attivo anche in  Italia il programma che insegna ai bambini di pochi mesi l’utilizzo dei linguaggi manuali – gestuali con cui esprimere le proprie necessità, ovvero il metodo Baby Signs.

Baby Signs: il primo dizionario per neonati e genitori

Ideato e in uso da tempo negli Stati Uniti d’America, il programma è un utile metodo non solo per comprendere le esigenze dei più piccoli, ma anche per risolvere la fisiologica frustrazione che tutti i genitori provano davanti al pianto incomprensibile di un neonato.

Baby Signs è un programma di comunicazione gestuale che permette di insegnare ai piccolissimi di età compresa fra gli 0 e i 36 mesi circa (fino a quando non imparano a parlare in autonomia), la comunicazione con i gesti. Se, infatti, osserviamo bene i bambini, anche se molto piccoli, l’utilizzo delle mani è spontaneo per loro: con il programma Baby Signs si insegna loro a dare a ogni gesto un significato.

Tutti i vantaggi del Baby Signs

Oltre a questi vantaggi, è dimostrato che il programma di Baby Signs è correlato con lo sviluppo cognitivo del bambino, con la crescita dell’autostima, con il rafforzamento del legame fra genitori e figli. Infine, non arreca pregiudizio alle facoltà linguistiche del bambino: i piccoli che imparano la gestualità del Baby signs non incorrono in ritardi nell’iniziare a parlare, ma anzi risultano facilitati nell’apprendimento del linguaggio.

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4 commenti

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  1. No nn mi piace… Un conto è imparare a capire il proprio bimbo…e in questo ci aiuta il tempo e l esperienza…un conto è adottare un altro mezzo comunicativo nn oggettivo ma soggettivo…che varia cioè da bambino a bambino…questo creerebbe più confusione che altro

  2. Basterebbe “ascoltare ” un po’ di più i nostri figli…senza ricorrere a queste americanate…gli americani non sono un modello per quanto riguarda attenzione e cura del bambino…e neanche per la gestione di eventuali “comportamenti- problema “…