Chiamano la figlia ‘sfigata’ e ‘fallita’: lei denuncia i genitori, ma il giudice li assolve

Una coppia di genitori viene assolta dall‘accusa di maltrattamenti a danno della figlia, che li avevi denunciati dopo una serie di episodi di violenza verbale e fisica. È quanto accaduto a Racale, in provincia di Lecce, un fatto che continua a fare discutere e che riporta il dibattito circa le convergenze tra giustizia processuale e giustizia morale.

Chiamano la figlia “sfigata” e “fallita” : assolti due genitori

È il 2 dicembre 2019 quando una ragazza minorenne si reca in caserma a Racale, in provincia di Lecce, per denunciare i genitori a seguito di alcuni episodi di violenza fisica e verbale. La ragazza racconta le numerose volte in cui i genitori l’hanno chiamata “sfigata e fallita”, oltre a citare alcuni episodi di percosse e di minacce di morte.

Pochi giorni fa arriva la sentenza, che assolve i due genitori imputati : il Giudice sostiene infatti che i pochi episodi raccontati dalla giovane non  bastino per definire il reato di maltrattamenti in famiglia, ai sensi dell’art 572 del Codice Penale. Il giudice ha definito i metodi sì eccessivi, ma legittimi : le azioni dei genitori sono quindi definiti “modi di educare che, per quanto eccessivi, hanno l’intento di correggere comportamenti scorretti” della ragazza.

La sentenza del giudice fa discutere

È sicuramente una sentenza che fa discutere, che alimenta il dibattito su ciò che è e non è maltrattamento di un minore.

La sentenza di assoluzione in questo caso specifico è dovuta a motivazioni tecniche che non hanno nulla a che fare con un giudizio morale sulle condotte degli imputati. Oltre alla mancanza del requisito dell’abitudinarietà delle condotte, un altro elemento a favore della decisione del giudice è il fatto che i genitori e la ragazza si sono riconciliati, tornando a vivere sotto lo stesso tetto.

Il giudice nella motivazione della sentenza scrive inoltre che, in particolari contesti e entro un certo limite, determinate espressioni (“sfigata” e “fallita”) possono essere considerate come metodi educativi e non possono bastare, da sole, a individuare il reato di maltrattamento.

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