Ospedale Bambino Gesù: primo impianto in Europa di Bronco 3D

Ha solo 5 anni il piccolo paziente dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma che ha da poco superato il delicato intervento ai polmoni. Si tratta del trapianto di bronco realizzato in 3D, il primo di questo genere eseguito in Europa. Il piccolo ora sta bene, e dopo meno di un mese dalla data dell’operazione è già tornato a casa.

Il lavoro dell’équipe del Bambino Gesù

Il piccolo paziente soffriva di una brutta forma di broncomalacia ad uno dei due polmoni. Questa rara malattia rendeva il bambino incapace di respirare autonomamente.

Dopo circa 6 mesi di lavoro, l’équipe dell’Ospedale Bambino Gesù ha realizzato, appositamente per il corpo del bambino, una struttura di bronco in 3D con materiali riassorbibili. Ciò è avvenuto in via sperimentale sulle basi di operazioni già effettuate negli Stati Uniti.

La squadra di medici, guidata da Adriano Carotti, ha eseguito il delicato intervento chirurgico il 14 ottobre, lavorando in sala operatoria per circa 8 ore. Passati i primi giorni di convalescenza, il piccolo sta meglio e ora vive tranquillamente con la propria famiglia.

Bronco 3D: una nuova tecnologia frutto di grande impegno

Il bronco 3D di recente impiantato nel corpo del bambino, è stato stampato in policaprolattone e idrossiapatite, materiali che verranno naturalmente riassorbiti dall’organismo nel giro di 2 anni.

Una volta terminato il processo di sviluppo dell’apparato respiratorio, il bambino sarà capace di respirare autonomamente anche dopo che i residui del bronco impiantato nel suo corpo saranno stati completamente riassorbiti.

La forma, le dimensioni e le posizioni specifiche di ciascun componente, sono state determinate in seguito ad approfonditi esami diagnostici.

In altre parole, partendo da immagini bidimensionali, ottenute mediante TAC, si è potuta costruire la struttura tridimensionale del bronco, grazie a sofisticati mezzi di bioingegneria, adattata al corpo del bambino in tutti i suoi particolari.

Il progetto è stato realizzato, sulla base di studi condotti presso l’università del Michigan, grazie al lavoro comune di Luca Borro, dell’Unità di Innovazione e Percorsi Clinici e del direttore del centro diagnostico Aurelio Secinaro.

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