Ultimi giorni di gravidanza ai tempi del COVID-19: la testimonianza di una mamma

Riportiamo la testimonianza di una mamma, Greta Avanzini, in procinto di dover partorire (testimonianza datata 14 marzo):

“Erano circa le 17.30 di ieri quando per la prima volta ho fatto indossare la mascherina a mio figlio di quattro anni e mezzo per lasciarlo alla nonna perché dovevamo andare nello studio medico per vedere Viola.
Erano le 17.30 quando mio figlio da cinque giorni chiuso dentro casa ha visto il “nuovo mondo”.
Lo facevo camminare davanti a me, le macchine non passavano, e non passano da giorni davanti a casa nostra, si gira versa il supermercato e mi chiede perché quei signori stanno litigando per le bottiglie d’acqua, cerco di svagare e andiamo avanti.
Arriviamo davanti al bar, il bar dove nel fine settimana lo portiamo a far colazione, solito latte e cacao e cornetto con nutella.
Anche li, mi chiede perché è chiuso, spiego che deve essere chiuso altrimenti entrerebbero troppe persone e non si può.
Mi lancia un bacetto da sotto la mascherina, quella mascherina più grande di lui, che quasi quasi gli copre anche gli occhi e sale dalla nonna. “Mamma ci vediamo tra un po’, salutatemi Viola.” Mi strilla per le scale.
Arriviamo davanti la porta del medico, indossiamo le mascherine ed entriamo.
Quello studio che ospita, di solito, 20/30 persone, ieri aveva solo 2 persone a distanza tra loro e noi seduti a un metro di distanza.
Entriamo, Valerio rimane lontano da me, l’ecografo si accende, eccola.
C’è lei, che non sa neanche cosa sono le mascherine, non sa nulla di ciò che sta succedendo fuori dal mio corpo, c’è lei, il suo cuore batte forte, ci mostra tantissimi capelli e le guance che sembrano più grandi delle sue cosciotte.
C’è lei, con i suoi kg che dovrebbe pesare normalmente alla nascita ma che lei vuole già pesare adesso, ci sono i suoi occhioni aperti, il suo calcio quando il dottore mi fa girare in mille modi per vederla meglio, c’è il suo piedino e la sua manina che ci saluta, c’è il tuo papà vicino a me, che per la prima volta non vedo sorridere per quella maledetta mascherina, ma l’emozione la riconosco dai suoi occhi.

Ci sei te Vì, che adesso più che mai, dobbiamo proteggere.
E ci siamo noi, due ragazzi di 23 e 24 anni, un bambino di 4, che sono pronti a far venire al mondo, anche se non è il mondo che siamo abituati a vivere ed amare, la loro piccola bambina, ai tempi del COVID-19.”

Foto credits: Greta Avanzini

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  1. Anch’io ho partorito un bimbo nel peggior momento quando si poteva fare. In camera del ospedale con le contrazioni in solitudine sistemavo le mie cose in modo più pratico, sapendo che non ci sarebbe nessuno a passarmi le cose mentre tra qualche ora tenevo mio bimbo in braccio . Tanta paura e agomia mentre attraversavo la porta di sala parto, dove e unico viso a me conosciuto era quello del mio ginecologo. Non pottevo lamentarmi, ne prendere le forza dal mio compagno perché non l’hanno fatto entrare manco nel ospedale. Facendomi forza pensando a lui, unica luce di questo periodo che a momenti doveva nascere. Eccolo sulla mia pancia, e io che condivido la gioia solo con ul tuo pianto unica persona a me cara in quel momento e orqmai per la vita. In 5 giorni ero solo con lui, quelle manine che stringevano il il mio dito sempre lavato e sterellizzato, quelli occhi che guardavano la mascherina che copriva il mio volto. Solo io e lui in una stanza per 5 giorni che non finivano mai. Al momento della dimissione la paura del esterno mi terrorizzava, la paura di non poter proteggere il mio piccolo dal esterno male che ci poteva attacare anche il suo padre.ma comunque uscendo dal ospedale c’era il padre del mio bimbo, la gioia di vedere il suo sorriso e le lacrime guardando il bimbo dal vivo, pensavo ecco come sarebbe il suo viso al momento quando è nato in sala parto..o forse non lo scoprirò mei. Tornando a casa, fermati dalla pattuglia di carabinieri, scrivendo autocertificazione pensavo che è un uomo cha ha visto il mio piccolo prima di suoi nonni. Ora Matte ha 5 mesi, e inconta i nonni, zii, convivendo con i rischi, ma non si può fare a meno, perché questa è la gioia della vita, e la solitudine felicita e le paure che ho visuto al momento della sua nascita, ora devono essere condivise, in massima sicurezza dove, vedo il sorriso del mio bimbo solo quando nonna abbassa la mascherina è sorridendole lo insegna a sorridere in qiestoi tempi cosi strani. Un abbraccio a tutte le mamme e parenti che aspettano o vivono con un neonato. Ce la faremo noi e ce la fanno i nostri piccoli.