I fenomeni migratori raccontati da un punto di vista diverso, quello dei bambini

Il tema dei migranti  e dei fenomeni migratori, che coinvolgono da vicino anche il nostro Paese sono, senza dubbio, una delle problematiche mondiali più difficili da dirimere.

I punti di vista sulla questione, infatti, sono dei più diversi e non è sempre facile trovare un punto d’incontro che sappia mettere tutti d’accordo. In una situazione altamente scottante, che crea grande contrasto non solo tra le forze politiche ma in tutta la cittadinanza, c’è di sicuro un aspetto in questa vicenda che non può non accomunarci e renderci uniti: lo status dei bambini che, insieme alle loro famiglie o a parti di esse, migrano nella speranza di un futuro migliore.

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Negli ultimi mesi sono numerose le foto che hanno fatto il giro del mondo ritraendo i giovani migranti in situazioni al limite della decenza umana, costretti a dormire all’addiaccio, su panchine o in canali di scolo, coperti da cartoni o da qualche vestito rimediato qua e là.

I fatti di Parigi hanno certamente irrigidito le nostre anime sul tema dell’integrazione sociale, a torto o a ragione, per una paura che si fa artificiosamente naturale quando è la nostra vita ad essere in pericolo durante la normale quotidianità. Ma di fronte ad immagini di questo tipo, con bambini e ragazzi letteralmente sbattuti a dormire su marciapiedi o in mezzo a sacchi di immondizia, non è pensabile rimanere indifferenti.

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Come per la storia di Abdullah, il bambino di 5 anni, fotografato con uno sguardo triste e dimesso nonostante la sua giovane età, fuori dalla stazione di Belgrado mentre tentava di addormentarsi, in preda agli incubi, ai piedi di un materasso sporco. Lo scatto ha fatto il giro del pianeta e di lì a poco si è scoperto che Abdullah è stato costretto ad assistere all’uccisione di sua sorella, in Siria, prima di partire con la mamma alla volta dell’Europa. Non solo: il piccolo è affetto da una malattia del sangue ma la sua famiglia non ha le possibilità economiche per curarlo. Una storia, quella del piccolo siriano, che può essere considerata come una metafora di ciò che accade, ogni giorno, nel mondo e che per sempre segnerà in modo negativo la crescita delle generazioni del futuro, e di chi, forse, un futuro non ce l’avrà mai.

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