Afghanistan: genitori vendono i propri figli per sfamare la famiglia

A circa cento giorni dal ritiro delle truppe occidentali dal paese e l’instaurazione del nuovo governo dei Talebani, l’Afghanistan sta attraversando una delle più grandi crisi economiche dell’ultimo secolo. Milioni di afghani hanno perso il posto di lavoro oppure non vengono pagati, e sono costretti ad azioni estreme per trovare i soldi necessari alla sopravvivenza: alcuni di loro sono costretti addirittura a vendere un figlio per poter sfamare gli altri. Queste sono le agghiaccianti testimonianze rilasciate a Save the Children.

La situazione difficile in Afghanistan: figli venduti per sfamare gli altri

Sembra atroce solo a pensarlo e invece è vero, alcune famiglie afghane sono costrette a vendere i figli per poter dare da mangiare agli altri. Lo confermano Mohammad e Bibi, una coppia di sposi con otto figli, costretta a cedere l’ultimo a un’altra famiglia in cambio di pochi soldi utili per poter dare da mangiare agli altri. Anche Fatima, nome di fantasia utilizzato per l’intervista a Save The Children, ha confessato all’organizzazione umanitaria di aver ricevuto molte pressioni dalla famiglia per vendere uno dei suoi figli.

La situazione in Afghanistan: i problemi economici e politici

Come confermano le istituzioni e le associazioni umanitarie, la situazione nel paese del medio oriente è insostenibile: il lavoro scarseggia e l’istruzione è in crisi assoluta, con circa 9 milioni di bambini che non sta più frequentando le scuole o smetterà molto presto di farlo, perché il corpo insegnanti non viene pagato da molti mesi ormai.

Da quando le truppe occidentali si sono ritirate dal Paese, c’è inoltre un problema di liquidità nelle banche: la maggior parte dei flussi economici, infatti, era collegato a colossi bancari o governativi americani che al momento ha congelato i fondi in attesa di avere più chiara la situazione politica del paese. Urge, dunque, un intervento massiccio dell’Europa per evitare che il paese arrivi a una deriva irrisolvibile.

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