Allattamento a rischio: cosa dice la legge

Tutti sanno che durante la gravidanza la donna, attraverso la maternità anticipata, ha la possibilità di evitare lavori rischiosi come quelli che implicano sforzi fisici, contatto con sostanze nocive o con persone infette.

Molti forse non sanno che anche dopo il parto, per sette mesi, la donna che allatta il proprio figlio ha diritto alla stessa tutela.

Lavori a rischio per l’allattamento

I settori molto rischiosi per una donna che sta allattando sono:

  • gli ambienti ospedalieri e simili per il rischio di contagio con gli ammalati ma anche per l’uso di macchinari e sostanze nocive;
  • l’ambiente industriale, rischioso perchè a contatto con sostanze chimiche che possono risultare nocive;
  • l’ambiente scolastico perchè la neomamma si troverebbe a contatto con i germi e i batteri che portano i bambini (ad esempio la varicella), oppure ancora di più le insegnanti di sostegno che oltre al pericolo dei germi debbono anche sottoporsi a sforzi per accompagnare i bimbi che sono impossibilitati a muoversi autonomamente;
  • il settore dell’estetica soprattutto per le parrucchiere sempre a contatto con sostanze sintetiche e chimiche
  • l’ambiente della ristorazione e quello dell’agricoltura.

La legge che tutela l’allattamento

Il decreto legislativo n.151 del 26 marzo 2001 ha stabilito delle norme che tutelano quindi non solo la donna in gravidanza ma anche quella che sta allattando.

Innanzitutto è previsto che la neomamma debba consegnare entro 30 giorni dal parto il certificato di nascita del bambino.

Il datore di lavoro di fronte ad una lavoratrice che necessita di allattare deve redigere un documento che si chiama “Valutazione del rischio” seguendo le indicazioni che individuano quali siano i rischi che la dipendente correrebbe lavorando in quel posto preciso.

Individuati i rischi peculiari si passa al valutare se la neomamma possa o meno svolgere le sue solite mansioni e in caso negativo le si cambiano per qualche mese.

Se non è possibile cambiare mansione alla dipendente ad essa spetta l’astensione dal lavoro fino al settimo mese. Essendo un’astensione obbligata questa sarà corrisposta del 100% dello stipendio.

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