Co-parenting: crescere un figlio senza essere una coppia

Siamo nell’era del cambiamento e di nuovi stili di vita, soprattutto famigliari. Ecco che fa capolino il “co parenting”.

In un’ottica di condivisione di beni e compiti, che annovera già alcune mode come il carpooling e il co-working, pare che si possa diventare genitori senza essere una coppia.

Di comune accordo, si condividono le responsabilità genitoriali, senza essere uniti da legami affettivi.

Anche in Italia, il numero di famiglie alternative è in crescita. Il portale della genitorialità condivisa, infatti, conta circa 100.000 iscritti ed è rivolto a tutti coloro che desiderano diventare genitori, in un modo o nell’altro. E raccogliendo i dati contenuti nel sito, emerge che l’età degli aspiranti mamme e papà è compresa tra i 35 e i 45 anni. Si tratta di uomini d’affari e donne in carriera, uomini che non vogliono una relazione stabile, ma neppure fare i padri single o gay.

Una volta scelto il possibile co-genitore, bisogna decidere il metodo di concepimento. Se tutto va a buon fine, i due devono optare per soluzioni pratiche, nel bene del bambino. Spesso decidono di vivere nello stesso paese, quartiere o addirittura palazzo, dividendosi i compiti della genitorialità. Non sono legati dal punto di vista affettivo e ognuno è libero di vivere la propria vita sentimentale.

Anche in un’ottica di famiglia non convenzionale, questa potrebbe sembrare una scelta estrema, o quantomeno discutibile. Qualunque sia l’opinione di ognuno, la cosa importante è che, pur trattandosi di co-parenting, non manchino la serietà e l’impegno per il progetto genitoriale e il rispetto per il futuro bambino.

È interessante leggere sul sito le testimonianze di coloro che vivono tutt’ora il co-parenting e che crescono insieme un figlio senza essere una coppia legata da sentimenti d’amore.

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