Cosa significa davvero essere ‘bravi genitori’?

2 dicembre 2025 –

Essere “bravi genitori”: un’espressione che tutti abbiamo sentito, interiorizzato, persino temuto. Un’etichetta che porta con sé immagini, aspettative e modelli educativi che spesso non sappiamo nemmeno da dove arrivino: dalla società? Dai nostri genitori? Dalle storie che abbiamo visto e ascoltato crescendo?

Eppure, quando ci interroghiamo su cosa significhi davvero essere bravi mamma o bravo papà, forse dovremmo cambiare prospettiva e guardare la questione con gli occhi dei bambini.
E scopriremmo che, molto spesso, ciò che per noi è complicato, per loro è sorprendentemente semplice.

Una vicenda che fa discutere: cosa ci insegna?

Negli ultimi giorni ha fatto molto parlare la storia della “famiglia nel bosco”, che vive in una casa immersa nel verde in provincia di Chieti, scegliendo uno stile di vita molto essenziale, a contatto con la natura e ricorrendo all’educazione parentale. Una vita diversa, certamente lontana dagli standard abituali, che ha portato il Tribunale dei minori dell’Aquila a valutare la possibilità di togliere ai genitori la responsabilità genitoriale.

La vicenda è complessa, ancora piena di aspetti da chiarire, ed è stata inevitabilmente accompagnata da semplificazioni e fake news. Ma solleva domande profonde, che riguardano tutti noi:
che cosa definisce davvero un buon genitore? Quando una scelta educativa è legittima e quando, invece, può diventare un rischio?

Se lo chiede anche Alberto Pellai, nel suo ultimo post dedicato alla vicenda:

Di cosa hanno davvero bisogno i bambini per crescere bene?

Se mettiamo un attimo da parte giudizi affrettati e stereotipi, le esigenze fondamentali dei bambini sono universali.

Oltre al provvedere ai bisogni primari, quelli più essenziali, come una casa sicura, cibo sufficiente e vestiti, ovviamente un genitore dovrebbe pensare anche allo sviluppo psico-emotivo del bambino e provvedere a:

  • un ambiente sicuro, fisicamente ed emotivamente;
  • attenzioni, presenza autentica e amore;
  • spazio per esplorare, fare esperienze, sbagliare e riprovare;
  • adulti che li aiutino a regolare le emozioni, soprattutto quelle più difficili.

Essere “bravi genitori” non significa essere perfetti, ma fare del proprio meglio per garantire queste basi.

E quando non ci si riesce?
È importante ricordare che crescere un bambino non è mai solo responsabilità della singola famiglia: contano il contesto sociale, le possibilità economiche, il supporto che si riceve. Crescere un figlio è anche una questione politica, perché i bambini di oggi saranno gli adulti che costruiranno la società di domani.

Cosa vedono i bambini quando guardano i loro genitori

Curiosamente, ciò che gli adulti ritengono importante nella genitorialità spesso non coincide con ciò che conta davvero per i bambini.

Perché? Perché i bambini vogliono una cosa su tutte: tempo.
Tempo condiviso, tempo sicuro, tempo in cui sentirsi visti e amati. Infatti in un famoso sondaggio, alla domanda “Con chi vorresti andare a cena?” gli adulti hanno risposto nominando personaggi famosi, mentre i bambini hanno risposto di voler andare a cena con mamma e papà.

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Per un bambino, un “genitore fantastico” è quello che cucina il piatto preferito, concede qualche dolcetto in più, ascolta, sorride, e arriva quando viene chiamato.

Come capire se stiamo facendo un buon lavoro come genitori

Non esistono pagelle né medaglie. Ma un buon indicatore c’è: i bambini felici sono quelli che si sentono liberi di essere se stessi.

Quando un bambino:

  • ci parla dei suoi sogni
  • riesce ad esprimere le sue emozioni (compresa la rabbia e la tristezza)
  • sa che può sbagliare senza essere giudicato
  • sente di essere accolto nella sua unicità

allora lì c’è una base solida, un clima sano, un genitore che sta svolgendo il suo ruolo con cura.

Essere bravi genitori non significa avere figli sempre obbedienti, sempre felici, sempre collaborativi. Anzi: comportamenti difficili, oppositività, crisi e capricci sono parte del normale sviluppo emotivo. Sono tappe necessarie del crescere.

“Sei cattiva!”: come reagire alle frasi che fanno male

Prima o poi capita a tutti di sentirsi dire dai nostri bambini che siamo cattivi, che siamo i peggiori genitori del mondo, con frasi come Mamma, sei brutta! oppure “Voglio un’altra mamma/ un altro papà!”

Sono frasi che feriscono, certo, soprattutto dopo una giornata già storta. Eppure, quasi sempre, dietro queste parole c’è un’emozione difficile che il bambino non sa ancora esprimere: delusione, rabbia, impotenza.

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La chiave è non prenderla sul personale e rimanere il più possibile regolati emotivamente:

  • “Capisco che sei arrabbiato con me. Sei deluso perché ho detto/no fatto…”
  • “Possiamo parlarne quando ti senti più calmo.”

Accogliere l’emozione non significa accettare l’insulto. Ma aiuta il bambino a capire cosa prova e come gestirlo.

Anche i genitori migliori sbagliano. Ed è normale che sia così

Un altro aspetto fondamentale della buona genitorialità è la capacità di ammettere i propri errori. Pretendere di non sbagliare mai genera ansia, rigidità e senso di fallimento. Sbagliare, invece, è umano.
E può diventare un momento prezioso se sappiamo:

  • riflettere sul nostro comportamento
  • chiedere scusa quando serve
  • mostrare che anche gli adulti si assumono le proprie responsabilità
  • riconnetterci dopo lo strappo

I bambini imparano più da ciò che vedono che dalle parole che ascoltano. Se vedono un adulto che si scusa, che ripara, che riconosce i propri limiti, impareranno a fare lo stesso.

Essere “bravi genitori” non è un traguardo: è un percorso

Non esiste una definizione unica di buona genitorialità. Ma esiste un filo comune che lega tutte le famiglie che cercano di fare del proprio meglio: l’amore, la cura, la volontà di imparare e migliorare ogni giorno.

Essere bravi genitori non significa non cadere mai. Significa rialzarsi, guardare i figli negli occhi e dire:

“Sono qui. Per te. Con te. Anche quando sbaglio.”

Ed è proprio questo che, per un bambino, fa la differenza.

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