Mamma, sei brutta: cosa vuole dire davvero tuo figlio

Nei primissimi anni di vita, il bambino deve ancora imparare a confrontarsi con le proprie emozioni che spesso sono soverchianti sulla sua sensibilità.

Il principale punto di riferimento è rappresentato dalla figura materna con cui il piccolo condivide tutte le prime esperienze.

Di solito succede che, quando la mamma impone un divieto, il bimbo si senta frustrato e reagisca irritandosi ed accusandola di essere “brutta”, anche se tale vocabolo viene usato in maniera assolutamente inopportuna.

Che cosa vuole dire “Mamma sei brutta”

La frase “mamma sei brutta” non rappresenta un reale giudizio sul valore della persona, ma è l’unico modo a disposizione del piccolo per esprimere la sua delusione.

Lanciare un’accusa di questo genere non è altro che una richiesta di aiuto, motivata da un insieme di sensazioni contrastanti.

Prima dei quattro anni, i bambini non sono in grado di gestire la propria sfera psico-emotiva e pertanto, quando si verifica un evento destabilizzante (come un rifiuto), si viene a creare un “ingorgo emozionale” che altera la realtà.

Tenendo conto che anche la capacità linguistica ed espressiva, a quest’età, è ancora inadeguata e che molto spesso le parole sono utilizzate senza un nesso logico, si può intuire che l’accusa di “essere brutta” non è reale.

Secondo la dottoressa Maria Grazia Foschino Barbaro, psicologa presso l’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII (Bari), il vocabolo “brutto” vuole indicare “chi non accontenta”.

Soltanto dopo i quattro anni, con una maggiore maturità psicologica, è possibile che il soggetto riesca ad esprimere la propria emotività in modo più adeguato, servendosi di un linguaggio maggiormente realistico.

Come reagire all’accusa “Mamma sei brutta”

Il presupposto fondamentale per risolvere il problema di questa falsa accusa ed aiutare il bambino a fare chiarezza dentro di sé è quello di non mettersi al suo stesso livello, mantenendosi superiori.

Bisogna comunque spiegare chiaramente e con fermezza le ragioni del divieto in quanto il bambino ha diritto di sapere perché non gli viene concesso di agire in un certo modo.

Le proibizioni immotivate sono vissute come piccole violenze che contribuiscono ad innescare comportamenti reattivi di ribellione, tra cui anche quelli verbali.

Il messaggio che il genitore deve mandare è quello secondo cui è lui a dettare le regole alle quali il bambino deve sottostare poiché non possiede ancora gli strumenti per decidere in autonomia. Si deve far capire che ogni intervento della mamma è finalizzato a proteggere e guidare il piccolo nella gestione della sua vita.

Importanza della coerenza

La coerenza è sempre necessaria per ottenere la piena fiducia del figlio; per questo motivo la madre deve stabilire delle regole da non disattendere, ricordando che la concessione di una volta diventa di solito una regola per il bambino.

Imponendo un divieto relativamente a qualcosa che era stato precedentemente concesso non si fa altro che confondere le idee e soprattutto scatenare l’aggressività.

In tale situazione il bambino si trova in grande difficoltà perché ha perso qualsiasi punto di riferimento e si sente quasi costretto ad insultare la mamma.

Se poi il piccolo, a cui è stato vietato l’uso di determinati vocaboli, li ascolta in bocca ai genitori, può rimanere estremamente confuso e destabilizzato.
Coerenza significa anche e soprattutto dare il buon esempio in quanto i fatti contano sempre più di tante parole.

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