Il linciaggio mediatico contro la Turani: un pericoloso boomerang contro noi stesse

Ci sono argomenti che andrebbero presi con le pinze che nel web vengono invece trattati con i guantoni da box. A suon di colpi bassi e toni a dir poco accesi.

Colpi che hanno riguardato da vicino la nota influencer Paola Turani a seguito del suo sfogo nel web. Sfogo in cui ha dichiarato di essere esausta e che i nove mesi del suo piccoletto la stanno mettendo a dura prova.

Su di lei, un’inaspettata risposta: un’esplosione di hater e di giudizi negativi. Una sorta di linciaggio mediatico.

Lo sfogo di una madre esausta: una di noi

Partiamo dal fulcro: una madre che dichiara di essere esausta. Una madre che, se le avete osservato bene il viso nelle ormai celebri IG Stories, parla di getto, in modo sincero, non edulcora. Si sfoga. Un tantino stressata mi sentirei di aggiungere.

Stressata sì, anche se fa l’influencer, anche se si fa molti selfie sorridendo, anche se era appena tornata dalle vacanze. Vi stupisce davvero che possa essere così? A me non molto. È mamma, come chiunque altro, questo è il punto.

Se sei mamma, quelle parole devi almeno provare a comprenderle, quel viso devi averlo già visto (allo specchio magari), quell’usare mezza parola di troppo (di cui magari poi ti pentirai un attimo dopo) non può sconvolgerti al punto da generare parole così dure nei confronti di un’altra donna. “Pensavi di avere un tamagotchi?” “Lo hai tanto voluto e ora ti lamenti.”

Pensiamoci: è capitato a tutti…

Mio figlio i nove mesi li ha superati da un po’, ma me le ricordo bene le scale, giusto per tornare ai riferimenti fatti dalla Turani. Una fissazione vera e propria. Appena avvistava una rampa, era la fine, non avevo più scampo. Voleva fare quegli scalini all’infinito, fino alla nausea, fino allo sfinimento.

Ricordo ancora un aperitivo a casa di amici. Eravamo in taverna, da una parte c’era un buffet meraviglioso e dall’altra quelle maledette scale. Ho passato quasi tutta la serata con le chiappe incollate sul primo gradino, per fare da barriera, per evitare che le imboccasse da solo con il rischio che si spaccasse la testa fondamentalmente.

Esagerato? Mica tanto. I bambini non percepiscono granché il pericolo, i bambini esplorano, i bambini sono fatti così. E questo lo sappiamo tutti, lo sa benissimo anche Paola Turani, ma non siamo sempre lucidi al punto da accettarlo e da riderci sopra.

Posso assicurarvi ad esempio che quella sera non avevo nessuna voglia di starmene seduta lì. Avrei di gran lunga preferito gironzolare spizzicando le delizie del buffet, avrei voluto parlare con gli altri invitati invece di combattere con il mio amatissimo piccolo mulino a vento.

Se a fine serata avessi fatto delle IG Stories probabilmente avrei avuto la stessa faccia della Turani, e badate bene, sono bionda non le assomiglio per niente, era lo stress di quel preciso istante che ci avrebbe rese simili. Eppure non stavo lavorando, ero ad una festa. Ricordiamoci che lo stress non è solo una questione fisica.

Ma sapete cos’ha fatto davvero la differenza in quell’occasione? Chiedere e ricevere un aiuto. A turno qualche amico ha piazzato le chiappe vicino alle mie, e mi ha fatto compagnia, qualche altro mi ha dato il cambio, lasciandomi andare al buffet e prendendo Baby Boss per manina per accompagnarlo su e giù dalle scale. Ho trovato conforto, mi sono alleggerita. Tutto questo non è per raccontarvi i fatti miei, ma per cercare una risposta sensata a questo boom di cattiverie mediatiche. Non vergogniamoci di chiedere aiuto, condividiamo la fatica ove possibile, evitiamo di diventare a nostra volta degli ordigni pericolosi.

Giudicare una madre per uno sclero è controproducente, ci si rivolterà contro quando un giorno a sbottare magari saremo noi. Perché capita, succede, è normale.

Abbandonare il giudizio e abbracciare una riflessione

L’altra parte della risposta sta nel cercare di essere meno giudicanti, più comprensive, verso noi stesse in primis e verso gli altri poi. Lo so è difficilissimo, siamo donne, abbiamo la lingua che va a duemila all’ora ma, udite udite, possiamo anche rallentare. Abbiamo da lavorare moltissimo su questo fronte.

Ogni qual volta scegliamo di anteporre il giudizio alla riflessione stiamo lanciando un pericolosissimo boomerang contro noi stesse. Non stupiamoci poi se qualsiasi scelta facciamo è vista male. “Sei troppo materna.” “Sei troppo poco mamma.” Se continuiamo così, a forza di giudizi, rimarrà per sempre un cane destinato a mordersi la coda.

Se ognuna di noi scrivesse il proprio diario di mamma, credo che, più o meno, errori e piccole sfumature a parte, ci ritroveremo dentro le stesse cose. Le stesse difficoltà, gli stessi traguardi. Fatica e gioia infinita. Cos’è, se non questo, avere un figlio?

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