In Italia 3 bambini su 10 sono in sovrappeso. Soprattutto al Sud

Il 30,1% dei bambini e ragazzi maschi al di sotto dei 17 anni. Per le femmine, la percentuale è più bassa, del 23,6%.

Una maggiore concentrazione è registrata al sud e nelle isole, dove la percentuale supera di gran lunga il 30%, a dispetto del nord e del centro, dove le punte massime si aggirano attorno al 24%.

Questi i numeri dei bambini sovrappeso (per non dire obesi) italiani, stando alla ricerca “Bambini e adolescenti tra nutrizione e malnutrizione. Problemi vecchi e nuovi in Italia e nel mondo in via di sviluppo“, condotta dall’Unicef.

Il problema dell’obesità nasce in famiglia. Infatti, oltre alla mancanza di esercizio fisico, il fattore determinante per i chili di troppo è il contesto in cui un bambino vive. Le difficoltà economiche dei genitori, nonché il livello di istruzione giocano un ruolo fondamentale e la loro stessa forma fisica. Infatti, stando alle statistiche, più del 38% dei minori con problemi di peso ha genitori obesi.

Per quanto riguarda l’istruzione dei genitori, emerge che il titolo di studio della madre ha particolare importanza. Abitudini alimentari sbagliate a partire dalla colazione, consumo eccessivo di bevande gassate e di snack, sono più diffusi nei figli delle donne con la sola scuola dell’obbligo, mentre si riduce notevolmente se la mamma è diplomata o laureata. Un dato significativo riguarda le merendine, il cui consumo è drasticamente diminuito nei figli dei laureati, passando dall’11% del 2005 al 4,6% nel 2012.

Quella che deve cambiare è la mentalità delle famiglie, perché il problema è dei bambini, certo, chi procura loro il cibo da mangiare sono i genitori. Prendere consapevolezza dell’importanza della qualità di quello che mangiamo, garantendo per sé e i proprio figli almeno 4 porzioni quotidiane di frutta e verdura è il primo passo per la battaglia all’obesità.

A tutto questo si unisce anche il fatto che i bambini di oggi fanno poco esercizio fisico. Stando a una ricerca condotta da Grant Tomkinson, ricercatore della School of Health Sciences dell’University of South Australia (Adelaide, Australia), i giovani degli anni 2000 impiegano 90 secondi in più per correre la distanza di 1 miglio (1,6 km) rispetto ai loro coetanei di 30 fa. Quello che conta è fare più movimento, che significa non necessariamente sport, ma anche più passeggiate o giri in bicicletta.

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