Pavor notturno: come accudire il bimbo durante le crisi

Pavor nocturnus è un termine latino che significa “terrore notturno” e sta a indicare una parasonnia di origine non patologica e che non è connessa a traumi o problemi di tipo emotivo.

Si verifica nella prima parte della notte, quando il sonno è più profondo: quello che succede è che il bambino si sveglia all’improvviso, apparendo chiaramente terrorizzato.

Piange, grida, ha gli occhi sbarrati e le pupille dilatate, trema, suda e il ritmo cardiaco accelera notevolmente. I movimenti appaiono sconnessi e rigidi, il respiro è ansante e irregolare.

Si tratta di un disturbo che generalmente si manifesta nei bambini di età compresa tra i 2 e i 12 anni, dura tra i pochi secondi e i dieci minuti, ma talvolta può protrarsi anche per mezz’ora. La sua frequenza non è regolare: in genere si manifesta una, due volte al mese. Il giorno dopo, il bambino non conserva alcun ricordo dell’accaduto: si tratta di un’esperienza molto impressionante per i genitori, perchè il bambino appare completamente in preda al panico e a nulla valgono i tentativi di tranquillizzarlo.

Non è stato ancora scoperto quali siano le cause che portano all’insorgere del pavor notturno: a volte, tuttavia, può essere favorito dalla carenza di sonno e da episodi febbrili, dato che questi fatti portano ad aumentare gli stati di sonno profondo. Le crisi cessano da sole al sopraggiungere dell’adolescenza.

Pavor notturno o incubi?

Il pavor notturno si distingue dagli incubi in quanto, mentre questi si verificano nell’ultima parte della notte, il pavor incorre nella prima parte della notte, quando il sonno è più profondo.

Inoltre, quando il bambino si sveglia da un incubo, è perfettamente in grado di riconoscere i genitori, mentre durante il pavor no.

È per questa ragione che appare impossibile calmarlo e che prenderlo in braccio per tranquillizzarlo può solo accrescere il panico del piccolo.

Come comportarsi in caso di crisi di pavor notturno

Una volta appurato che si tratta di pavor e non di incubi, è bene che i genitori facciano molta attenzione: anche se l’istinto detta di prendere il bambino in braccio e toccarlo per calmarlo e fargli sentire la presenza dei genitori, non bisogna assolutamente comportarsi in questo modo.

In quel momento, non essendo in grado di risvegliarsi realmente (in realtà, il bimbo è ancora in uno stato di sonno profondo) il panico e il terrore non farebbero che crescere.

La cosa migliore da fare è assistere il bambino durante queste crisi parlando con toni di voce molto bassi e tranquilli, cercando di trasmettere pace e consolazione solo attraverso il tono della voce.

Non ha nemmeno grande importanza ciò che si dice: quello che conta realmente è il suono delle parole. È bene quindi continuare a parlare al bambino sommessamente fino a che non si sarà calmato del tutto.

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12 commenti

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  1. La mia, a notte fonda, cominciò a piangere disperata, era rigida e non voleva nemmeno stare in braccio, cosa strana. Cercai di calmarla con tono dolce e tranquillo, ma nulla. Con mio marito decidemmo di portarla in giro con la macchina e quello funzionò.. pian piano si calmò, ma quanta ansia nei minuti precedenti!