Quando i bambini danno fastidio: intolleranza dei grandi o maleducazione dei piccoli?

19 giugno 2025 –

Viviamo in un tempo in cui sempre più spesso i bambini danno fastidio. La loro presenza, in certi luoghi, viene percepita come un disturbo. Il pianto di un neonato in aereo, gli strilli e le voci allegre dei bimbi al parco, il brusio in un vagone di treno: tutto sembra diventato intollerabile. Eppure, dietro questo disagio, forse non c’è solo la (mal)educazione dei bambini, ma la nostra incapacità – da adulti – di gestire la frustrazione e la convivenza pacifica.

Quando i bambini “disturbano”: il caso del micronido sotto accusa

La vicenda emblematica arriva da un comune in provincia di Treviso. Una coppia che vive sopra un micronido che è stato aperto in un condominio è finita a processo con l’accusa di stalking: da tre anni tormentano l’asilo lanciando rifiuti nel cortile, getti d’acqua con detersivo e insulti razzisti ai bambini. Il tutto nel tentativo di far sloggiare chi gestisce il micronido e “zittire” i piccoli che, durante le ore di attività, giocano e si esprimono con il naturale entusiasmo tipico dell’infanzia.

La coppia è adesso in causa con gli amministratori del nido con accuse incrociate di stalking, diffamazione e comportamenti persecutori.

Anche in treno o al ristorante: cresce l’intolleranza verso i bambini

E in periodo estivo sentiamo sempre più episodi sui treni, sugli aerei e nei ristoranti. Una mamma ha raccontato di essere stata ripresa da un passeggero, urtato dal figlio mentre stavano scendendo dal treno: questa mamma, che ha scritto una lettera poi finita sul Corriere, è stata apostrofata dall’uomo, che ha detto di aver sopportato per tutto il viaggio la vivacità dei bambini. La colpa della mamma? Aver “permesso” ai suoi figli di parlare e muoversi durante il viaggio. Nessun grido, nessuna corsa tra i sedili: solo voci di bambini, che leggevano un libro a bassa voce o giocare a carte.

Scene normali di vita che, a quanto pare, infastidiscono sempre più persone.

Come ha raccontato la stessa mamma, Matilde Daverio:

“Il rischio è quello di colpevolizzare e di avere una mancanza di empatia che non ci porta nulla di buono. Io e mio marito, come tantissimi altri genitori, poniamo attenzione al comportamento dei nostri figli. Volevo porre l’attenzione sul fatto che ho notato che un pezzo di società è infastidito dai bambini, anche per via della diffusione del luogo comune che i genitori non siano in grado di educarli. Abituarci a quest’idea credo che non sia una scelta positiva. Non è obbligatorio mettersi nei panni degli altri, ma entrare nell’idea che sei in un luogo con altre persone potrebbe aiutare”.

Ci stiamo abituando a una società in cui il bambino è benvenuto solo se è silenzioso, immobile e invisibile. Ma qual è il confine tra la maleducazione dei figli (e quindi dei genitori) e l’intolleranza di certe persone che non sopportano la vivacità dei bambini?

La società iperperformativa che non lascia spazio ai più piccoli

Secondo la pedagogista Roberta Catarzi, stiamo vivendo un’epoca in cui l’infanzia è vista come ostacolo. Ve lo abbiamo raccontato molte volte, con le numerose storie di hotel e ristoranti child free”, i video di passeggeri che si lamentano dei bambini (neonati che piangono in aereo) diventano virali. I bambini non sembrano più il simbolo del futuro, ma un ostacolo al presente, troppo rumorosi per un mondo che richiede prestazione e silenzio.

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Far sparire i bambini non è la soluzione. Ciò che dovrebbe preoccuparci, più del vociare dei bambini, è il fatto che qualcuno pensi sia normale volerli “rimuovere” dagli spazi comuni. Come se tenerli lontani dai luoghi pubblici fosse la soluzione. Ma l’infanzia non si può confinare. I bambini crescono nel mondo reale, osservando, interagendo e imparando da ciò che li circonda. Se li isoliamo, rinunciamo a educarli. E, in fondo, rinunciamo alla responsabilità collettiva di costruire una società più empatica.

Se gli adulti hanno smesso di educare

Il vero nodo non è l’eccessiva vivacità dei bambini, ma l’incapacità degli adulti nel gestirla. In molte famiglie, mancano modelli educativi forti: si è troppo stanchi, troppo distratti, troppo occupati. E spesso si delega a tablet e schermi il compito di calmare e gestire. Il risultato? Bambini che non imparano a regolarsi e adulti che non sanno più essere guida.

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Fateci caso, datevi un’occhiata in giro. In generale sembra che la soglia di tolleranza sia in picchiata: e non solo con i bambini, anche tra adulti. Il malessere infatti non si ferma all’infanzia: litighiamo sui social, nel traffico, in famiglia. Viviamo immersi in una tensione costante, e la nostra soglia di sopportazione si abbassa sempre di più. Non tolleriamo più nemmeno l’energia naturale dell’infanzia, che diventa così un bersaglio facile della nostra frustrazione.

Serve una nuova alleanza educativa e sociale

Tollerare non significa subire, ma imparare a convivere con gli altri. Significa accettare che i bambini non siano perfetti, che siano vivaci, rumorosi, a volte imprevedibili. Ma anche che siano esseri in crescita, pieni di possibilità. E che il nostro compito, da adulti, non sia spegnerli, ma accompagnarli. Per farlo, però, dobbiamo prima di tutto recuperare la nostra capacità di autoregolazione, di empatia, e di responsabilità.

In un mondo che si affanna per trovare equilibrio e benessere, l’infanzia dovrebbe essere tutelata, non soppressa. Se i bambini ci disturbano, forse è perché abbiamo smesso di riconoscere la loro importanza. Ed è tempo di invertire la rotta: non per il bene dei piccoli, ma per il nostro.

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