Storia di una famiglia milanese che vive in uno slum in Mozambico

Se non ci fossero foto e riferimenti personali, la storia che viene narrata sul Corriere della Sera sembrerebbe quasi il frutto della fantasia di un romanziere. E, invece, è tutto vero: una coppia di Milano, Alessandro e Nicoletta, qualche anno fa ha deciso di abbandonare una vita “normale”, con tanto di impiego fisso e di successo, per abbracciare il lavoro di cooperanti internazionali in Mozambico.

Una vita in Mozambico alla ricerca dell’essenziale

Qui hanno deciso di trascorrere la vita e di crescere i loro 3 figli che sono nati in Africa, insegnando loro a vivere con poco (o niente) in comunità: per intenderci, la famiglia di Alessandro e Nicoletta è l’unica (o quasi) ad avere le scarpe per giocare a calcio e, quindi, non è insolito che una partita venga giocata a turni.

Un mondo diametralmente opposto al nostro, dove il frigorifero, così come l’acqua calda sono un optional che nessuno può permettersi, ma conforme al modello da Alessandro e Nicoletta che sono convinti che sia prioritario insegnare ai propri figli a godere delle piccole cose, a seguire i valori giusti e a condividere quel poco che si ha. In altre parole c’è pochissimo di materiale, ma di contro, i valori abbondano e basta alzare gli occhi al cielo per sentirsi soddisfatti.

Favorevoli e contrari

Una scelta radicale che non manca di dividere le opinioni: da una parte quanti ritengono che la decisione presa da Alessandro e Nicoletta non solo sia coraggiosa, ma anche ammirevole nella parte in cui hanno deciso di crescere i loro figli solo con l’essenziale (cosa che, nella nostra società, è praticamente impossibile); dall’altra quanti ritengono invece che la loro scelta sia una follia, un esporre a un rischio inutile la vita dei propri figli, privandoli degli standard sanitari e assistenziali (per esempio) che il nostro Paese (così come i Paesi occidentali) offre.

Voi da che parte state?

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