Un’altra vittima della legge anti aborto polacca: Dorota muore per setticemia

In Polonia si dibatte da anni riguardo al diritto all’aborto. La legge ultra-conservatrice in vigore nel paese mette a rischio la vita di molte donne. Quando si parla di aborto, infatti, non è solo ai feti che bisogna pensare. In moltissimi casi una gravidanza può creare complicazioni che pongono a rischio la vita stessa di una donna.

È ciò che è accaduto a Dorota, una giovane polacca che a soli trent’anni è stata lasciata morire a causa di una interpretazione rigida dei dettami normativi sull’interruzione di gravidanza, attualmente in vigore in Polonia.

Dorota e le complicazioni in gravidanza

Dorota era al quinto mese di gravidanza quando le si sono rotte le acque. Portata d’urgenza all’ospedale del suo paese, nella notte del 21 maggio, i medici hanno aspettato ad intervenire basandosi su un’interpretazione letterale della legge polacca anti-aborto: finché il feto è rimasto in vita non hanno effettuato alcun tipo di intervento per salvare la donna.

Dopo i fatti, i medici si sono giustificati dicendo che i parametri vitali di Dorota erano in costante monitoraggio e che il peggioramento critico della sua situazione è stato improvviso e impossibile da prevedere. La famiglia però non ha accettato queste motivazioni e, assistita da un legale, vuole fare di tutto per capire le responsabilità della morte della giovane.

Il divieto d’aborto in Polonia: una legge controversa

Il divieto d’aborto in Polonia risale a una legge introdotta negli anni Novanta, ma è stato ulteriormente rafforzato nel 2020. Oggi, l’aborto è consentito solo in casi estremi: gravidanza conseguente a stupro o violenza o pericolo per la vita o la salute della madre.

Quest’ultima eccezione avrebbe potuto salvare la vita di Dorota, ma la verità è che i medici, conoscendo le criticità del sistema penale polacco, non hanno voluto prendersi la responsabilità di decidere se il caso di Dorota fosse o meno tanto grave da rientrare nelle eccezioni previste dalla legge.

Il caso di Dorota non è che l’ennesimo di un elenco che ha visto giovani donne perdere la vita a seguito di complicazioni nelle loro gravidanze, complicazioni che non sono state affrontate con tempestività a causa di una legge anti-aborto retrograda e applicata in maniera cieca.

Prima di lei sono morte già altre donne: Agnieszka, nel gennaio 2022 e Izabela, nel novembre 2021. “Queste tragedie accadono perché c’è il bando dell’aborto e i medici danno la priorità al feto e non alla madre incinta” così ha commentato l’Ong Safe, che si occupa di diritti delle donne.

Anche nel resto del mondo sono tante le donne che rischiano la vita per leggi troppo rigide sul diritto all’aborto, come nel caso di una turista americana che ha rischiato di morire l’anno scorso mentre era in vacanza a Malta.

Le proteste contro il divieto d’aborto

La morte di Dorota ha riacceso le proteste in tutta la Polonia, dove già dal 2020, anno in cui la legge contro l’aborto è stata inasprita, si è manifestato contro il provvedimento legislativo. Sono migliaia le persone che si sono riunite e sono scese in strada per esprimere la loro indignazione e chiedere un cambiamento nella legislazione sull’aborto, dimostrando l’ampio sostegno popolare per il diritto di scelta delle donne e contro la criminalizzazione dell’aborto.

Le manifestazioni sono iniziate appunto nel 2020, dopo la sentenza della Corte Costituzionale polacca sul diritto all’aborto e sulla sua inapplicabilità anche in caso di malformazioni gravi. Migliaia di persone hanno partecipato allo sciopero di mobilitazione nazionale, lo Strajk Kobiet, lo sciopero generale delle donne, simboleggiato dal fulmine rosso e che è stato appoggiato da una gran parte della popolazione.

L’Europa e la sentenza contro la riforma della Giustizia in Polonia

L’ingiusta legge anti-aborto della Polonia non ha lasciato indifferente l‘Unione Europea che ha già sollevato nel 2021 preoccupazioni sulla violazione dei diritti umani e dei principi fondamentali sulla quale l’UE stessa si fonda.

Nel comunicato stampa, si legge del dibattito in Parlamento Europeo, dove l’UE “ribadisce la ferma condanna per la sentenza pronunciata dal Tribunale costituzionale illegittimo il 22 ottobre 2020” che impone un divieto pressoché assoluto dell’aborto nota i diritti delle donne e mette in pericolo la loro salute.

E proprio in questi giorni la Corte di Giustizia Europea ha confermato il ricorso della Commissione Europea che aveva severamente criticato anche la recente riforma della Giustizia in Polonia, sostenendo che questa riforma viola il Diritto dell’Unione.

Tuttavia, nonostante la pressione internazionale, bisognerà forse aspettare le elezioni parlamentari in Polonia del prossimo autunno per vedere un’inversione netta di tendenza, poiché il consenso dell’attuale governo è in calo anche su altre tematiche: oltre al diritto all’aborto, i diritti civili delle comunità LGBT+ e la parità di genere.

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