27 gennaio, giornata della memoria: l’Olocausto dei bambini

Dal 1 novembre 2005, è stata istituita la Giornata della Memoria e si celebra il 27 gennaio di ogni anno. Durante questa ricorrenza, vengono commemorate tutte le vittime dell’Olocausto e, al tempo stesso, chi è sopravvissuto a questo tremendo genocidio ripercorre quanto ha vissuto raccontando fatti e avvenimenti dell’epoca, per sensibilizzare le nuove generazioni e al tempo stesso per mantenere vivo il ricordo di uno dei drammi più orrendi che ha coinvolto l’umanità.

Tra le vittime di questo genocidio non ci sono solo adulti, ma anche tantissimi bambini. Alcuni bambini sopravvissuti alle deportazioni, sono oggi persone molto anziane e oggi leggiamo le loro testimonianze.

Olocausto, la Shoah dei bambini

Il termine “Olocausto” affonda le sue radici nel greco antico e letteralmente significa “bruciato interamente”. Questa parola viene utilizzata per indicare il genocidio degli ebrei avvenuto intorno alla metà del ‘900 e messo in atto dalla Germania nazista e dai suoi alleati.

In tutto le vittime furono 15 milioni e il termine che più si adatta a questo massacro è “Shoah”, che in ebraico significa “catastrofe, distruzione”. Tra le vittime, un milione e mezzo erano bambini i quali persero la vita durante le deportazioni e nei campi di concentramento.

In questo genocidio non rimasero coinvolti solo i bambini ebrei, ma anche tutti i bambini di etnie diverse, come rom e sinti, disabili e figli di oppositori al regime nazista. Tanti di coloro che persero la vita non avevano neanche compiuto tredici anni, quelli più grandi invece venivano sfruttati e impiegati in lavori forzati, o ancora peggio diventavano cavie da laboratorio.

La senatrice a vita Liliana Segre, fu deportata ad Auschwitz il 30 gennaio 1944. Non aveva ancora compiuto 14 anni.

Come sopravvivevano i bambini deportati

Le condizioni di vita dei bambini deportati era estremamente precaria e molti di loro non riuscivano a sopravvivere, perché malnutriti o affetti da malattie. Molti bambini, in realtà, venivano addirittura uccisi prima dell’arresto; chi, invece, era più fortunato riusciva a sopravvivere, passando mesi in clandestinità, rifugiandosi a casa di familiari o vicini.

I bambini che venivano deportati nei campi di concentramento erano costretti ad affrontare un viaggio estenuante, su un treno stipato di persone, senza cibo né acqua. I vagoni arrivavano sino all’interno dei campi e, una volta arrivati, le persone venivano smistate. Gli uomini abili venivano solitamente mandati subito ai lavori forzati. Donne, bambini e anziani avevano spesso il destino segnato e trovavano la loro fine nei forni crematori.

Bambini e Olocausto: gli esperimenti e le torture

All’interno dei campi di concentramento, i bambini con particolarità fisiche evidenti venivano utilizzati come cavie per esperimenti medici, che di fatto non portavano alcune evidenze scientifiche, ma solo sofferenza e morte per le vittime.

Tra le storie più orrende che compongono questa pagina buia della nostra storia, c’è quella di Josef Mengele, il quale istituì un laboratorio per eseguire esperimenti sui gemelli: scopo di queste atrocità era di mostrare a tutti che la razza ariana era superiore alle altre. Vittime degli esperimenti di Mengele non furono solo bimbi ebrei, ma anche di altre etnie.
Anche un bambino italiano, Sergio De Simone, fu vittima della follia di Mengele; morì a soli sette anni a seguito di un’asportazione dei linfonodi.

Shoah, quali testimonianze ci sono pervenute

Una volta chiusa quella che viene tutt’ora considerata una delle pagine più buie della storia dell’umanità, sono state raccolte tutte le testimonianze di coloro che allora erano bambini, e che quindi hanno vissuto in prima persona quei crimini.

La testimonianza più famosa pervenutaci è quella di Anna Frank, la quale scrisse un Diario – oggi pubblicato da molte case editrici.

Ha fatto il giro del mondo anche la vicenda di Lev Nelken, un giovane tredicenne che si salvò dalle purghe naziste, raggiungendo la sorella in Gran Bretagna. La sua storia è diventata il contenuto di un libro, “Lev”, pubblicato da Gallucci Editore.

Anche la storia di Thomas Buergenthal, un bambino di dieci anni, si può considerare a lieto fine. Costretto a lavorare nel campo di concentramento di Kielce, si salvò perché il comandante lo fece lavorare come fattorino, prima di giungere ad Auschwitz; qui vi restò per diverso tempo, sino all’arrivo dei sovietici.

Ricordiamo poi anche la storia di Luciana Pacifici, deportata a soli 8 mesi di vita dal ghetto di Roma. Ma lei non li vedrà neanche i cancelli del campo di concentramento, perché morirà di fame e sete sul treno che portò la sua famiglia ad Auschwitz.

Ma anche i bambini tedeschi furono delle vittime del regime nazista. Essi, infatti, venivano educati già in tenera età con una propaganda tutta volta al culto personale del Fuhrer. Una volta cresciuti, i giovani tedeschi venivano arruolati nelle truppe naziste.

Con la capitolazione della Terzo Reich, furono numerosi i figli di persone vicine al regime ad essere uccisi dai genitori stessi, una volta capito che era giunta la fine del nazismo.

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