Bambini contesi: la difficile disputa internazionale sui minori ucraini in affido

30 maggio 2025 –

All’indomani dell’invasione russa del febbraio 2022, migliaia di bambini ucraini orfani o provenienti da famiglie in difficoltà sono stati evacuati in tutta fretta verso l’Europa occidentale.

Accolti da famiglie italiane, spagnole, francesi e di altri Paesi, questi bambini hanno trovato un rifugio temporaneo in paesi in pace e alleati dell’Ucraina. Ma ciò che era nato come una misura d’emergenza si è trasformato oggi in una complessa contesa internazionale, che oppone Kiev ai governi e ai tribunali europei.

5.000 bambini e ragazzi ucraini in affido temporaneo all’estero

Secondo una recente inchiesta del quotidiano Domani, al centro del dibattito ci sono circa 5.000 minori, trasferiti all’estero nei primi mesi di guerra e poi rimasti per lunghi periodi presso famiglie affidatarie.

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Mentre molte di queste famiglie si sono affezionate profondamente ai bambini, considerandoli parte integrante del proprio nucleo, il governo ucraino ha sempre mantenuto una posizione chiara: quei bambini non sono adottabili e devono tornare in patria, nonostante il conflitto in corso.

La questione ha risvolti giuridici, politici ed emotivi. Per l’Ucraina, si tratta di tutelare i diritti legali e nazionali dei propri cittadini più vulnerabili, garantendo che non siano sottratti al controllo statale. Per le famiglie affidatarie, invece, è una questione di benessere individuale del minore: chi ha vissuto per mesi o anni in un contesto protetto e amorevole, dovrebbe davvero essere rimandato in un paese in guerra?

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Il caso emblematico di Evelina, una ragazza ucraina ospitata in Sicilia e successivamente rimpatriata contro la sua volontà, ha colpito l’opinione pubblica. A fronte delle rassicurazioni del governo ucraino — che promette collocamenti in zone sicure e strutture idonee — molte testimonianze raccontano realtà ben più difficili: orfanotrofi affollati, carenze igieniche, instabilità psicologica.

Quando il diritto si scontra con l’interesse del minore

Le autorità italiane, al pari di quelle spagnole, si trovano in una posizione delicata. Pur riconoscendo la legittimità delle richieste di Kiev, devono considerare anche le condizioni concrete in cui verrebbero rimpatriati i minori. In alcuni casi, come accaduto di recente a Bergamo o a Terrassa, sono stati i tribunali a sospendere il ritorno dei bambini, valutando in modo prioritario il principio del “superiore interesse del minore”, sancito anche dalle convenzioni internazionali sui diritti dell’infanzia.

Convenzioni internazionali che hanno fatto sì che si denunciasse anche l’attività Russa negli ultimi anni che ha permesso di deportare migliaia di bambini in Russia e che fossero dati in adozione, ma senza minimamente fornire dati e rispettare il diritto internazionale.

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Sulla questione degli affidi temporanei, i tribunali europei per ora si sono divisi: per alcuni conta la legge, per altri prevale il benessere del bambino. E nel 2023 anche l’UNHCR aveva espresso dubbi sull’opportunità di rimpatriare i bambini ucraini in un paese ancora in guerra.

Una questione senza soluzioni facili

Ma la verità è che ogni caso è unico, e proprio per questo è difficile trovare una soluzione generalizzata. Dietro ogni bambino ci sono legami affettivi costruiti giorno dopo giorno, vite spezzate e ricostruite altrove, famiglie che sperano, governi che reclamano, operatori sociali al limite delle proprie forze.

Nel mezzo, ci sono loro: i bambini. Che spesso non vengono ascoltati, ma che dovrebbero essere i primi a essere considerati.

In un contesto così delicato e sfaccettato, non basteranno né proclami politici né automatismi giuridici. Servirà qualcosa di più difficile ma più umano: l’ascolto autentico delle storie individuali, il coraggio di affrontare la complessità, la volontà di cooperare tra Paesi per garantire non solo diritti sulla carta, ma futuri reali e dignitosi.

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