Bambini e oggetti transizionali: una riflessione psicoeducativa

La copertina di Linus è un’immagine efficace per rappresentare l’importante funzione che svolge l’oggetto transizionale per lo sviluppo del bambino.
È intorno ai 9 mesi che il bambino inizia a riconoscere la permanenza degli oggetti esterni a sé, percependone l’esistenza anche quando sfuggono dal suo controllo. Sino ad allora, egli, percepiva come oggetti “permanenti” solo parti del suo corpo, come le manine e i piedini.

Generalmente, gli oggetti transizionali catturano l’attenzione del bambino dagli 8/12 mesi ai 3/4 anni. È un periodo indicativo e non universale. In questo breve articolo divulgativo comprenderemo meglio cosa sogno gli oggetti transizionali e perché sono importanti per la crescita.

Che cos’è un oggetto transizionale?

Il significato dell’espressione oggetto transizionale è stato per la prima volta concettualizzato sistematicamente dallo psicoanalista inglese Donald Winnicott, ereditando gli studi dei suoi precursori.
L’oggetto transizionale è tendenzialmente un oggetto fisico che fornisce supporto psicologico ed emotivo al bambino, svolgendo una funzione pseudo-sostitutiva di quella genitoriale.

L’uso dell’oggetto transizionale aiuta il bambino nel fisiologico passaggio da una fase di simbiosi e fusione con la madre (o principale figura di attaccamento) ad una condizione di separazione da essa e scoperta della realtà.

Il bambino inizia, gradualmente, a percepire di non essere un tutt’uno con la madre. Individuarla come persona diversa da sé permette di entrare in relazione con lei. Non è un processo semplice e può suscitare angoscia nel bambino.
L’oggetto transizionale è al contempo per il bambino una proiezione di sé stesso e un’entità con vita propria.

Ciò significa che egli attribuisce all’oggetto i propri sentimenti (ad. esempio: quando sperimenterà paura potrà esprimere che è il peluche ad avere paura) e progressivamente gli riconosce un’identità propria. Prendendosi cura dell’oggetto si prende cura anche delle proprie angosce.

L’oggetto transizionale supporta la graduale indipendenza affettiva del bambino e il crescente interesse per la realtà esterna. È la prima manifestazione simbolica, pone in relazione mondo interno e il mondo esterno. Il bambino attraverso il ricorso all’oggetto transizionale affronta la frustrazione dell’assenza della madre, esperisce che l’altro non è di suo possesso esclusivo.

Egli interiorizza la presenza della madre, sperimentando che essa sarà disponibile anche se non onnipresente. Ciò significa che egli potrà spostare il pensiero da lei per dedicarsi a nuove esplorazioni in compagnia dell’oggetto prescelto.
L’oggetto transizionale svolge, quindi, una fondamentale funzione per l’evoluzione del bambino, accompagnandolo nella costruzione di una maggiore consapevolezza di sé e della realtà esterna.

È importante da parte degli adulti conoscere il valore affettivo dell’oggetto transizionale, che per il bambino è anche il primo possesso significativo, nonché uno strumento di gioco relazionale e individuale.
Comprensibilmente, si potrà osservare una particolare ricerca dell’oggetto transizionale nelle esperienze di separazione del bambino dalle figure di attaccamento, ad esempio nella fase d’inserimento al nido.

La scelta e la cura dell’oggetto transizionale

L’ oggetto transizionale prescelto dal bambino è quasi sempre una delle cose che circondano abitualmente il suo ambiente. Generalmente si tratta di un peluche, una copertina, un bambolotto ma può variare in base alla soggettività del bambino. È importante che non venga imposto dagli adulti ma sia una scelta spontanea e naturale del bambino.

La capacità di utilizzare l’oggetto si sviluppa gradualmente con la crescita. Il rapporto che il bambino ha con l’oggetto muta nel tempo. Un passaggio nevralgico e fondamentale, ad esempio, riguarda il collocamento dell’oggetto al di fuori del campo di osservazione e controllo del bambino.
Ciò si connette al processo emotivo per cui l’oggetto non è più percepito solo come estensione di sé da parte del bambino, ma come entità scissa e a sé stante.

Spesso, il bambino può distruggere l’oggetto per percepirlo come esterno ed esso può sopravvivere al tentativo di demolizione, acquisendo ulteriore valore. In tal caso, il bambino potrà riconoscere all’oggetto maggiore autonomia ed utilizzarlo in modo più consapevole e funzionale ai propri bisogni.

Ci sono bambini che non ricorrono all’oggetto transizionale e questo non è di per sé preoccupante.
Occorre sintonizzarsi sulla funzione che l’oggetto transizionale svolge prima che sull’oggetto in sé.
Ciò significa che ci sono bambini che utilizzano modalità alternative per garantirsi la funzione dell’oggetto transizionale, ricercando conforto psicologico e graduale indipendenza in sé stessi o in abitudini e rituali comportamentali.

L’oggetto transizionale in età adulta

In età adulta ci sono oggetti a cui si attribuiscono, più o meno consapevolmente, le funzioni che in età infantile vengono svolte dagli oggetti transizionali.
Sono oggetti che acquisiscono un significato affettivo, costituendo uno strumento di supporto e rassicurazione.
Esempi molto diffusi riguardano il cellulare, l’automobile o abitudini ricorsive come consultare costantemente i social network, tenere in mano la sigaretta ecc..

Ciò può diventare disfunzionale quando diviene una modalità rigida e pervasiva di comportamento.
In particolare, per quanto riguarda lo smartphone, esso come il peluche in infanzia, è un oggetto concreto che pseudo-sostituisce la persona con cui si ha un legame di attaccamento privilegiato, ad esempio il partner.

Pur non chiamandolo continuamente, sapere che si ha la possibilità di farlo attraverso lo smartphone può essere rassicurante e contenere l’ansia da separazione, la mancanza e il bisogno di contatto.
Se vi è un controllo ossessivo dello smartphone e la persistente impossibilità di separarsi da esso e ciò influisce sul funzionamento globale della persona, sulla cura di sé, sulle attività lavorative e sulle relazioni interpersonali, possono esserci difficoltà sottese come disagi relazionali, traumi abbandonici, blocchi evolutivi che chiedono di essere approfonditi.

L’età adulta è una cartina tornasole delle esperienze vissute in infanzia. Se da bambini si ha avuto un legame di attaccamento sufficientemente sicuro, sarà possibile interiorizzare un saldo senso di fiducia in sé stessi e nell’altro. Si avrà un buon senso di autostima che permette di sentirsi amati anche in assenza dell’altro e nelle esperienze separative.

Suggerimenti in pillole

Ciò che è fondamentale per un bambino è quindi il legame di attaccamento con le figure genitoriali, essenziale per la maturazione delle prime percezioni di sé stesso e della realtà esterna. È nel mondo relazionale del bambino che si può comprendere l’utilizzo soggettivo degli oggetti transizionali.

Di per sé rappresentano un’esperienza comune, fisiologica e adattiva ma il ricorso agli oggetti transizionali è da attenzionare quando compaiono difficoltà rigide e pervasive di adattamento del bambino, inibizione nell’esplorazione e nella socializzazione, disagi nell’affrontare i compiti evolutivi tipici dell’età e somatizzazioni. In tali condizioni può essere utili il consulto di un esperto.

Di norma, da parte degli adulti sarà importante empatizzare con il bambino ed in particolare:

  • Trattare con cura e rispetto l’oggetto transizionale prescelto;
  • Non deridere il bambino per il suo rapporto con l’oggetto transizionale;
  • Valorizzare l’oggetto transizionale;
  • Utilizzare l’oggetto transizionale per dialogare con il bambino (ad. es. chiedendo “come sta il peluche, di cosa ha bisogno ecc.);
  • Se l’oggetto transizionale viene perduto occorre rassicurare il bambino, anche sulle sorti dell’oggetto ed aiutarlo a trovare alternative, utilizzando un linguaggio metaforico calibrato all’età.
  • Non imporre al bambino di separarsi dall’oggetto transizionale ma aiutarlo, ricercando la sua complicità, a prendersene cura. Ad esempio, se il bambino dovrà svolgere attività in cui l’oggetto non può presenziare si può rassicurare sul fatto che mamma o papà si prenderanno cura di esso in sua assenza.
  • Accettare i tempi del bambino nel separarsi dall’oggetto transizionale: è un processo soggettivo e graduale. Tendenzialmente, quando il bambino ha raggiunto una sufficiente disinvoltura e autonomia nel muoversi in assenza del genitore vi farà sempre meno ricorso.

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È fondamentale accogliere la soggettività del bambino e l’espressione dei suoi bisogni, fidandosi delle sue capacità e dei suoi movimenti liberi. Oggi dobbiamo tutti recuperare il valore dell’unicità e dei tempi di crescita personali, abbandonando gli standard performanti che rischiano di investire genitori e figli, eclissando importanti consapevolezze.

Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta

Giulia Gregorini – Psicologa e psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale. Lavora con individui, coppie e famiglie. Considera la crisi un ‘opportunità di crescita e la famiglia una risorsa nella cura.”

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