Crescere insieme: la crescita del bambino come specchio della maturità dei genitori

Quando si parla di bambini oggi si corre un duplice rischio: l’eccessiva patologizzazione o l’idealizzazione.

Ciò può indurre ad approcciarsi al bambino con una lente deformante che vede o bambini iperfragili oppure, al contrario, perfetti.
Spesso questo accade perché sui bambini si proiettano sentimenti, vissuti, spesso inconsci, che appartengono al mondo interno degli adulti.

Acquisire la consapevolezza di sé permette di distinguere la soggettività del bambino dalla propria.
È un processo di crescita, che richiede il superamento di crisi fisiologiche. Lo sviluppo psicologico ed emotivo del bambino è strettamente correlato a quello dei genitori. Un problema di un bambino è quindi anche l’espressione di un blocco nella crescita dell’intera famiglia. Il bambino, attraverso il sintomo, spesso veicola la difficoltà della famiglia ad attraversare un passaggio di cambiamento.

In queste righe approfondiremo gli aspetti principali che possono interferire sullo sviluppo psicoeducativo del bambino e della sua famiglia.

La scelta di diventare genitori

Oggi i figli vengono pensati prima che concepiti. Complice la precarietà lavorativa per molti giovani adulti il bambino diviene il coronamento della propria realizzazione. Ciò espone in partenza al rischio di idealizzare il bambino che nascerà.
In passato, la scelta di diventare genitori era invece spesso una tappa prevista, non sempre una scelta consapevole e libera. L’infanzia non era considerata una fase di sviluppo specifica con dei bisogni particolari ma si tendeva a vedere nei bambini dei piccoli adulti.

Si è probabilmente passati da un eccesso all’altro, da una genitorialità polarizzata sull’aspetto normativo a scapito di un’intimità emotiva ad una genitorialità polarizzata sull’aspetto affettivo, perdendo il valore della normatività. Prima c’erano forse molte regole e poca condivisione affettiva, ad esempio il contatto fisico come l’abbraccio con un padre non era così frequente.

Oggi esistono molteplici configurazioni familiari (famiglie separate, famiglie ricostituire, famiglie monogenitoriali ecc.) che trasversalmente si confrontano con un rischio che incide fortemente sulla crescita: la confusione, ruoli e confini che tendono troppo alla fluidità.

La famiglia sufficientemente sana

La famiglia del Mulino Bianco non esiste. Ogni famiglia, con le sue peculiari caratteristiche si confronta con sfide e difficoltà, in una società complessa strutturata su ritmi frenetici e cambiamenti ultrarapidi.
La crescita del bambino e la maturità emotiva dei genitori sono profondamente interconnessi.

Il bambino non è una monade, ma sin dal concepimento vive e cresce nella relazione, in primis con le figure genitoriali.
È possibile delineare quattro aspetti fondamentali che definiscono una famiglia “sufficientemente” sana:

  • Ruoli chiari: i genitori devono fare i genitori, i nonni devono fare i nonni, i figli devono fare i figli ecc.. La sovrapposizione e la confusione di ruoli sono un fattore di rischio per lo sviluppo del bambino.
  • Confini chiari e flessibili: i confini definiscono le soggettività e le relazioni. Ad esempio, in una coppia è fondamentale che esista un confine tra i due partner, che esista un Io ed un Tu per creare un Noi. Parallelamente, è essenziale che la coppia abbia un proprio confine che non venga oltrepassato né dai figli né dalle famiglie d’origine. Ciò è altamente protettivo anche per il bambino. Se in una famiglia ci sono confini troppo labili si genera confusione, si perdono i ruoli ed è difficile per un bambino avere riferimenti stabili chiari e sufficientemente sicuri. Il bambino può sentirsi disorientato e gli adulti rischiano di non riuscire a riconoscerlo nella sua soggettività, non sintonizzandosi sui suoi bisogni. I confini troppo rigidi sono differentemente disfunzionali, provocano eccessiva distanza emotiva tra i membri di una famiglia e il bambino può sentire la carenza di quel calore affettivo necessario per sviluppare un senso di appartenenza, la fiducia verso gli altri e verso sé stesso. Confini chiari e flessibili delineano la possibilità di una comunicazione fluida, sanciscono la differenza tra una generazione e l’altra, permettono l’intimità.
  • Co-genitorialità: le dimensioni di coppia coniugale e coppia genitoriale si influenzano vicendevolmente. È fondamentale esserne consapevoli e curare la co-genitorialità, che coinvolga egualmente entrambi i genitori, se presenti, e le rispettive famiglie d’origine.
  • Relazioni sociali: è importante che la famiglia abbia relazioni sociali e una buona rete amicale.

Genitori si nasce o si diventa?

Ogni genitore cresce nella relazione con il proprio figlio. Non esiste un manuale d’istruzioni che insegni ad essere genitori. Ciò è naturale e fisiologico. Se da una parte è naturale non sentirsi totalmente pronti e preparati, dall’altra è importante rilevare se ci sono immaturità che richiedono di essere superate.
I livelli di maturità/immaturità genitoriali che vengono trasmessi da una generazione all’altra, inconsapevolmente.

Un genitore per assumere il proprio ruolo deve compiere un passaggio dallo status di figlio a quello di madre o padre.
Se questo passaggio è bloccato ed incompiuto, se il genitore non si è sufficientemente differenziato, non ha raggiunto la consapevolezza di sé, la definizione di una propria identità, rimanendo incastrato in dinamiche di dipendenza dalla propria famiglia d’origine ciò si riverserà anche nel rapporto di coppia e con il bambino.

Per diventare adulti è necessario aver soddisfatto i propri bisogni infantili e adolescenziali a suo tempo, o averli riconosciuti prendendosene cura, diventando genitori di sé stessi.
Se un genitore è ancora troppo figlio ed immaturo non riuscirà ad appropriarsi totalmente del ruolo genitoriale, che potrà delegare ai suoi genitori. Il bambino cosi non riuscirà a trovare il ruolo adulto nel genitore necessario per soddisfare i suoi bisogni di cura, accudimento, contenimento e amore. Non sentirà l’adeguata sicurezza per potersi affidare al genitore, che dovrebbe svolgere anche una funzione di guida e protezione.

Diventare genitori richiede di uscire dal proprio io e fare spazio all’io del bambino senza annullarsi e creando un terreno di relazione.

Ciò richiede la ricerca di un continuo equilibrio non semplice. È un processo fondamentale. Spesso si confonde ciò che appartiene a Sé con ciò che appartiene al figlio. Facciamo un esempio: spesso i genitori possono vivere con ansia i movimenti di separazione e autonomia del bambino.

Il figlio può somatizzare questa ansia ed essere considerato “un bambino ansioso”. Un altro aspetto riguarda le aspettative non realizzate del genitore che cerca, più o meno consciamente, di soddisfare attraverso il figlio. Ad esempio, un genitore frustrato professionalmente può riporre aspettative elevate sulla performance scolastica del bambino, il quale per reazione potrà o sentire di dover avere un risultati ottimi a scuola per non deludere, o per opposizione ed eccesso di ansia potrà avere difficoltà scolastiche.

Esiste una profonda interconnessione tra genitori e figli ma è fondamentale riconoscere le diverse soggettività, si è persone diverse e separate dai propri figli.

Crescere con il bambino

Spesso può accadere che un bambino che percepisce i suoi genitori troppo immaturi può diventare un bambino adultizzato, chiamato a ricoprire una funzione adulta precocemente, sacrificando le sue naturali esigenze. Un bambino adultizzato, però, porterà con sé bisogni irrisolti che potranno compromettere la sua crescita proprio perché non è potute essere davvero bambino.

Per comprendere il funzionamento di una famiglia è quindi necessario osservare la storia trigenerazionale.

Ad esempio, un figlio che non si è sentito visto ed accolto quando diventerà genitore potrà cercare di risarcire il suo bisogno di accudimento attraverso il figlio, cercando nel figlio l’amore e la cura che non ha ricevuto dai genitori.

Ciò crea una catena per cui si ripropongono dinamiche disfunzionali che ostacolano la crescita del sistema familiare perché a sua volta il figlio non si sentirà accudito e visto proprio come è successo a mamma o papà.

Il problema di un bambino rappresenta quindi un’opportunità di crescita per l’intera famiglia.
Aiutando il bambino ad affrontare le sue difficoltà si sblocca un tempo evolutivo congelato e ciascuno si riappropria del suo ruolo e delle sue responsabilità, raggiungendo una consapevolezza di sé faticosa ma essenziale per la libertà.

Giulia Gregorini – Psicologa e psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale. Lavora con individui, coppie e famiglie. Considera la crisi un ‘opportunità di crescita e la famiglia una risorsa nella cura.”

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