La crudeltà di far ascoltare il battito del feto prima di un aborto

Condannato. La rete europea della International Planned Parenthood Federation reagisce così al decreto ungherese che obbliga le mamme ad ascoltare il cuore del feto, prima di abortire.

La crudeltà è diventata legge in Ungheria, per opera del governo di Viktor Orban, ma i casi nel resto d’Europa non mancano. E in Italia episodi simili hanno infervorato il dibattito, non solo politico, intorno al diritto delle donne di interrompere la gravidanza, così come sancito dalla legge 194 del 1978.

La crudeltà di far ascoltare il battito del feto prima dell’aborto: il decreto ungherese

Il decreto ungherese integra l’attuale legge sull’aborto del Paese, che consente alle donne di abortire entro le prime 12 settimane, se la loro salute è in pericolo o se è probabile che il feto soffra di una disabilità o di una malattia grave.

Sono proprio le condizioni della nuova disposizione a scatenare le polemiche: secondo la rete europea della International Planned Parenthood Federation, il nuovo decreto ungherese non persegue alcun obiettivo medico, ma umilia solo le donne.

L’accusa è grave e i risvolti psicologici anche peggiori: Victor Orban e la maggioranza starebbero utilizzando le donne come campo di battaglia politico. L’aspetto più grave sarebbe, però, la ricaduta psicologica: ascoltando il battito del feto, le donne sarebbero, infatti, portate all’idea che stanno uccidendo un bambino. Insomma, il governo starebbe usando l’effetto agghiacciante come deterrente.

Tutto questo si tradurrebbe in un pericolo per la salute mentale delle mamme rinunciatarie, destinate a convivere con il senso di colpa o a rinunciare all’aborto, subendone le conseguenze.

Il gruppo si unirà ai suoi partner ungheresi nell’invitare il governo a porre fine a queste molestie nei confronti delle donne e ad adottare misure urgenti ed efficaci per sostenere l’accesso alla contraccezione, alle relazioni sentimentali e all’educazione sessuale, nonché ad attuare politiche sociali che consentano alle persone vivere liberamente in Ungheria.

La crudeltà di far ascoltare il battito del feto prima dell’aborto: accade anche in Italia

L’episodio più famoso, per aver generato un dibattito al vetriolo in Parlamento, è accaduto in Umbria. Purtroppo, non è l’unico. Casi di donne per cui l’aborto è reso quasi impossibile, oppure costrette ad ascoltare il cuore del feto poco prima di abortire, anche nel nostro Paese, ce ne sono tanti, da nord a sud. Donne a cui veniva chiesto prima di abortire per malformazioni fetali :“Come si chiama questo bambino?”.

I racconti delle donne sono molti simili tra loro: molte hanno solo ricordi sfocati. È la mente che li cancella per lenire il dolore: quasi tutte non ricordano cosa hanno provato quando sono entrate, ma sostengono di ricordare uno stato di esitazione simile a quello di quando hanno scoperto di essere incinte.

E poi descrivono gesti meccanici, fino al trauma dell’ecografia. Alcuni medici sostengono che sia indispensabile ad accertarsi della vitalità del feto, ma quella frase “Adesso ascolteremo se il cuore batte” arriva in mezzo al dolore come una doccia gelata.

C’è chi sostiene che sia la procedura. Ma le associazioni e tante ginecologhe italiane, scese in campo, smentiscono. Come l’associazione Vita di Donna e la sua Presidente Elisabetta Canitano.

Dunque, la pratica si configurerebbe solo come un mero abuso.

Il parere degli psicologi

Gli psicologi sono anche più severi: l’aborto, sia esso spontaneo o provocato, costituisce un evento luttuoso per qualsiasi donna. Il dolore è anche maggiore, nel caso in cui si renda necessario per malformazioni del feto o per salvare la vita della mamma.

È stato il caso anche di Chrissy Teigen, che ha rivelato, a due anni dalla perdita del bambino, che il suo non fu un aborto spontaneo, ma un’interruzione volontaria di gravidanza, perché il feto era gravemente malformato. La sua esperienza rivela come sia sempre un evento traumatico, che talvolta viene anche rimosso, sia che sia avvenuto involontariamente che volontariamente.

“Tutte le donne che abortiscono soffrono, anche quelle che lo decidono
“. a parlare è Daniela Poggiolini, psicologa e ipnologa, che di mamme rinunciatarie, negli anni ne ha viste tante. “In qualsiasi mamma, il futuro nascituro, anche se non verrà mai alla luce, entra nell’immaginazione e rinunciare è sempre un trauma.”

Sull’obbligo ungherese, la professionista è perentoria: “Ascoltare il cuore del bambino prima di abortire è una violenza inutile e superflua oltre che una mancanza di rispetto verso questo dolore“.

L’aborto delle donne, secondo gli psicologi, è ancora considerato da tanti, da troppi, un terreno pubblico. E, in questo contesto, più che le donne, abortisce la libertà di scelta.

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