La mamma o il papà è in ospedale: come comportarsi? I consigli della psicologa

Nelle esperienze di una famiglia possono capitare eventi inattesi e potenzialmente traumatici. In una famiglia con bambini piccoli, la malattia di uno dei genitori ed in particolare l’ospedalizzazione può essere uno di questi.

Come comunicare a un bambino l’ospedalizzazione di un genitore?

È fondamentale adeguare la comunicazione all’età del bambino e alle sue capacità di comprensione ma è preferibile sempre dire la verità, seppur mediata, filtrata e calibrata. Per i bambini non è ancora salda la competenza di mentalizzazione, il riconoscimento dei propri stati emotivi e delle ragioni profonde dei comportamenti.

Comunicare la verità aiuta i bambini a dare un senso all’allontanamento del genitore e a non perdere la fiducia negli adulti significativi. Esiste un sentimento tipico infantile di onnipotenza per cui i bambini sentono che tutto dipende da loro. Ciò significa che l’allontanamento di mamma o papà può essere vissuto, se non spiegato e significato, come segnale di disamore, accompagnato da un sentimento di colpa e un senso di inadeguatezza. Il bambino potrà pensare che è colpa sua se il genitore si è allontanato, interiorizzando un vissuto di abbandono e rabbia.

La comunicazione esplicita deve essere sostenuta dalla rassicurazione. È importante non far sentire il bambino da solo e trasmettergli l’idea che dei bravi dottori si stanno occupando del genitore malato.

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Come si può capire se un bambino è turbato dall’ospedalizzazione del genitore?

Partiamo dal presupposto che è fisiologico un turbamento. Se un bambino non fosse turbato da un cambiamento significativo ci dovremo preoccupare.
È importante che gli adulti presenti non si spaventino dei turbamenti del bambino e che egli senta intorno a sé lo spazio affettivo e concreto per poterli esprimere.

Se il bambino percepisce gli adulti troppo angosciati e fragili, protettivamente inibirà i propri disagi e non sentirà quel contenitore emotivo essenziale.

In base all’età e alle caratteristiche del bambino, non sempre il turbamento viene espresso a parole, spesso viene agito nei comportamenti. Le principali aree da osservare riguardano lo spazio per l‘autonomia, la socialità, il sonno, l’alimentazione e possibili manifestazioni psicosomatiche.

È naturale che possano esserci delle regressioni, che se transitorie e non pervasive, non devono destare eccessiva preoccupazione.
È inoltre utile da parte degli adulti verbalizzare ed umanizzare il possibile stato d’animo del bambino, (es.: “può succedere di sentirsi tristi e non avere voglia di fare le cose”; “quando si è preoccupati è naturale non essere concentrati”), ciò lì aiuta a dare un significato al loro vissuto emotivo e ai comportamenti insoliti.

È utile modificare la routine o mantenerla invariata?

Sono utili la flessibilità e la mediazione. Stravolgere la routine non è positivo poiché altera ulteriormente la realtà del bambino e di chi è intorno a lui. Ad esempio, la continuità scolastica è una protezione importante. Aiuta i bambini a percepire un contorno di “normalità” e a distrarsi.

Al contempo, se un giorno il bambino non sente di voler andare a scuola, si può accogliere la richiesta con maggiore “morbidezza”.
Il bambino ha bisogno di sentire di poter esercitare un controllo sulla realtà che vive. Ciò non deve essere eccessivo (iper-controllo) e pervasivo. Le esperienze imprevedibili su cui non si ha un potere di controllo sono naturalmente destabilizzanti ma non per questo traumatiche. Il modo in cui si affrontano è determinante.

Ci sono differenze tra l’ansia di separazione e la separazione dovuta all’ospedalizzazione?

L’ansia da separazione diviene un disturbo quando si verifica atipicamente in base all’età nel bambino la paura persistente, intensa e inappropriata della separazione dal genitore. Il bambino tenta disperatamente di evitare la separazione, che si configura come un pensiero invalidante anche nella sua mente. Sperimenta difficoltà persistente a lasciare il genitore o l’abitazione; il timore costante ed eccessivo che possa accadere qualcosa di nocivo al genitore; il rifiuto di allontanarsi dall’abitazione o di stare soli e incubi ricorrenti con scene di perdite e smarrimento. Possono inoltre comparire sintomi somatici e umore ansioso e depresso.

In casi di separazione forzata emerge una totalizzante richiesta di ricongiungimento con il genitore assente. È importante sottolineare una multifattorialità, la presenza di più cause interagenti che determinano l’esito psicopatologico. In condizioni di ospedalizzazione esiste una causa concreta che può generare una fisiologica ansia, ma non compaiono tutti i sintomi descritti.

Infine, è fondamentale ricordare il rispetto dei tempi di elaborazione del bambino. Il ritorno del genitore a casa non è necessariamente fonte di sollievo nell’immediato. Possono permanere residui di turbamento e disagi transitori.

Giulia Gregorini – Psicologa e psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale. Lavora con individui, coppie e famiglie. Considera la crisi un ‘opportunità di crescita e la famiglia una risorsa nella cura.”

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