La maternità come performance (apologia della normalità)

Vanno solo nei family hotel perché sono i migliori per i bambini, i loro pargoli sanno a malapena camminare ma hanno già fatto il tour di tutti i parchi a tema della provincia, non si perdono neanche un laboratorio creativo, un parco sensoriale o una mostra sperimentale e sui social è un tripudio di pancioni allo specchio o pedini nudi con tanto di frasi originalissime tipo “sei tutta la mia vita” oppure “sei mesi di te” e cuoricini a profusione.

E poi ovviamente la domenica cucinano i biscotti coi i bambini, che ci provassi io dovrei chiamare la disinfestazione a fine della giornata; iniziano ad organizzare le feste a tema dei loro figli 6 mesi prima del compleanno e al ristorante sfoggiano una sfilza di filastrocche e canzoncine che manco una corista dello Zecchino d’Oro.

Non sembra anche a voi che la maternità sia sempre più vissuta come una performance? Come una gara femminile o come la dimostrazione del proprio ruolo come totalizzante e superiore?

Dal concepimento (che viene manifestato con la sobrietà dell’incoronazione di Carlo Magno), alla nascita e via per tutta la crescita del figlio, che diventa lo specchio miracoloso su cui riflettere i propri desideri e le proprie abilità di madre perfetta. I social diventano così l’amplificatore di un atteggiamento magnificante la propria “presunta” impeccabile maternità, in ogni secondo della giornata, con foto che testimoniano come tutto sia fatto in funzione del figlio/dei figli, tutto confluisca al loro benessere e che questo tutto non sia minimamente pesante o faticoso. D’altronde le brave mamme sanno fare questo ed altro…

Dietro quella maternità urlata e infiocchettata si nasconde certamente un’insicurezza di fondo che diventa un altare al proprio narcisismo vacuo che ben poco ha a che fare con l’amore. E forse anche con la maternità…

Il rischio però è di pensare che quello sia il modello, quella la maternità ben gestita, quando nella realtà quello delle madri oggi è un ruolo sovraccarico, spesso difficile da conciliare con il lavoro (figuriamoci con i laboratori creativi), fatto di tempi da ritagliare, di compromessi da accettare e treni da rincorrere (veri e figurati). Costantemente in affanno oggi le madri devono essere performanti in casa, con i figli, in cucina, sul lavoro, in palestra, a volte anche con i genitori anziani; viene chiesto loro di fare tutto e possibilmente con il sorriso.

Forse però per prospettare un cambiamento e per alleggerire il carico le prime ad essere sincere dovremmo essere noi e tra di noi… smettendola di rincorrere modelli impossibili e rifugiandoci nel ruolo salvifico e fanatico di mamme-modello.

La maternità è faticosa… tanto, in alcuni casi anche troppo.

Ed è fatta soprattutto di una quotidianità silenziosa ma costante, di cose semplici, routinarie, noiosissime ma necessarie.

Mi fa venire in mente la canzone di di Niccolò Fabi:

“Ma tra la partenza e il traguardo, in mezzo c’è tutto il resto
E tutto il resto è giorno dopo giorno
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire
E costruire è sapere
E potere RINUNCIARE ALLA PERFEZIONE”

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