La mototerapia riconosciuta per legge: ma funziona davvero?

29 febbraio 2024 –

Da qualche settimana si parla della discutibile legge approvata dalla Camera dei Deputati per promuovere le esibizioni di motocross freestyle negli ospedali, una sorta di “psicomotricità in motocicletta” per ragazzi con disabilità e ad altri pazienti, soprattutto pediatrici, affetti anche da patologie oncologiche. Ma non c’è evidenza scientifica che supporti la sua efficacia.

La “mototerapia” è davvero utile?

Si discute appunto dell’opportunità di questa proposta: il progetto è stato promosso in primis dal campione di motocross freestyle Vanni Oddera, che si è speso per anni negli ospedali con bambini malati, persone con disabilità per portare un po’ di allegria in corsia.

La legge, che è stata approvata alla Camera, ora deve aspettare il via definitivo al Senato, ma non mancano le polemiche.

Molte famiglie con figli con disabilità ritengono che sia sicuramente un “toccasana” per l’umore e quindi anche l’accompagnamento sanitario di tanti pazienti, ma sovvenzionarla e promuoverla con aiuti dallo Stato è ben diverso.

Infatti molti hanno fatto notare che già così negli ospedali le risorse sono molto limitate e già insufficienti per LEA e LEPS (Livelli Essenziali di Assistenza e Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali).

Roberta Villa, nota giornalista scientifica ha fatto notare appunto che non ci sono prove scientifiche per l’efficacia terapeutica di questo approccio: ci sono studi che hanno misurato “il gradimento” o il beneficio soggettivo di familiari e pazienti prima e dopo l’esperienza. L’esperienza è stata positiva, benissimo, ma lungi da qui definirla “terapeutica”. Lo potrebbe essere alla stregua dei clown o dei supereroi in corsia.

Il dibattito sui social: oltre la felicità di un momento

Anche sul profilo di Vanni Oddera c’è stato un acceso dibattito, quando il motociclista ha esultato per il riconoscimento istituzionale: “Ho sempre pensato che la moto potesse fare da ponte, distruggere la solitudine e la sofferenza degli altri, dentro e fuori gli ospedali”. E molti genitori hanno espresso entusiasmo per il risultato delle sue iniziative, mentre altri hanno sottolineato il carattere effimero di un momento di contentezza e di un semplice sorriso.

Ma in effetti forse dovremmo soffermarci di più su questo: è tutto molto soggettivo. Il momento di contentezza è indiscusso dalla maggior parte delle persone che hanno assistito alla mototerapia. E mentre alcuni sottolineano il valore puramente ricreativo e non terapeutico, molti fanno notare come “un sorriso vale di più quando si è malati oncologici“.

La dispersione di risorse e i livelli assistenziali sotto lo standard

Ma come hanno giustamente fatto notare tanti familiari di pazienti con disabilità, oltre al problema dell’efficacia, c’è soprattutto il problema della dispersione delle risorse. Gianluca Nicoletti, giornalista per professione e papà di un ragazzo autistico, ha parlato molto in questi anni delle già grandi difficoltà dei genitori di trovare strutture e servizi essenziali per persone con disabilità.

Nel suo articolo pubblicato sulla Stampa, Nicoletti ribadisce: “Può essere anche un divertente diversivo per alcuni bambini dello spettro (autistico), ben lungi però dall’essere considerata oggettivamente una terapia per l’autismo” e continua: Non è corretto che tutto questo passi come una terapia, soprattutto a fronte delle difficoltà delle famiglie per vedersi riconosciute dal SSN le terapie veramente efficaci per i loro ragazzi”

Ma non solo, si pone anche la questione di come presentare queste iniziative, sicuramente meritorie e ricreative, ma come ribadisce Nicoletti, “serve la massima attenzione nel diffondere notizie che potrebbero alimentare speranze e illudere le famiglie dei malati.

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