La rabbia infantile : come gestirla

La rabbia rappresenta uno stato emotivo ed affettivo che accompagna, con manifestazioni ed intensità variabili, l’intera esperienza della nostra vita. Ciò nonostante è un’emozione spesso considerata pericolosa, di difficile gestione. Esploreremo insieme gli aspetti fondamentali che riguardano la rabbia espressa dai bambini tra i 0 e i 5 anni.

La rabbia dei più piccoli

Un bambino piccolo non ha ancora la capacità di mentalizzazione, di sviluppare un pensiero ed
un’interpretazione sul proprio stato emotivo. Spesso non sa cosa causa un determinato vissuto e comportamento. È quindi compito dell’adulto di riferimento provare a decifrare ciò che il bambino esprime.

Le espressioni di rabbia vengono innescate da motivi esterni o da motivi interni, di più difficile riconoscimento.

La rabbia inoltre svolge una funzione adattiva fondamentale.

Tende ad emergere con maggiore incisività verso la fine del primo anno di vita, raggiungendo forte intensità dai due ai quattro anni. Con la sua insorgenza, la rabbia, aiuta l’esplorazione di sé e dell’ambiente, i processi di conoscenza e scoperta.

Assume quindi un’importante funzione comunicativa nella relazione del bambino con sé stesso, con l’altro e con il contesto, sostenendo lo sviluppo emotivo e sociale. Tra le cause più frequenti che possono scatenare la rabbia vi sono la frustrazione, la stanchezza, la fame, il desiderio di attirare l’attenzione, la tristezza, la delusione, la paura, l’ansia e l’insicurezza.

Come si manifesta la rabbia?

Pur senza tralasciare la soggettività e l’unicità di ogni bambino vi sono esperienze trasversali e comuni  che possono favorire l’insorgere della rabbia del bambino. Ne citiamo alcune:

  • Quando il bambino tenta ripetutamente di svolgere un’attività e non riesce a completarla con successo. 
  • Quando il bambino riceve un NO da parte del genitore o la prescrizione di un compito (ad esempio mettere il pigiama).
  • Quando il bambino desidera ottenere qualcosa e l’adulto non riesce a comprendere cosa, non riesce a decifrare il suo bisogno.
  • Quando il bambino desidera catturare l’attenzione su di sé, distraendo i genitori da altri pensieri, impegni, attività.

Il ruolo degli adulti

Come abbiamo già detto in precedenza, i bambini sono come delle spugne. Sin dai nove mesi nel grembo materno assorbono le energie, gli stati d’animo e le vibrazioni che vivono intorno a lui. Infatti, un bambino non è una monade, ma è in profonda connessione con gli altri componenti della sua famiglia.

Ciò significa che non si può comprendere a pieno un comportamento infantile, senza scoprire il suo significato relazionale. Nell’espressione della rabbia, come di tutte le emozioni, gli adulti hanno un ruolo centrale, sia come modello di esempio sia come interpreti e modulatori.

La rabbia diviene quindi protagonista di uno scenario relazionale. Il bambino, che non sa ancora decifrare le ragioni profonde del suo stato d’animo, che non ha ancora una capacità autoregolativa strutturata necessita di un adulto che possa aiutarlo nel dare un senso a  ciò che sta vivendo, che possa sostenerlo nella modulazione dell’intensità dell’emozione, che possa, se necessario, svolgere la funzione di contenitore.

Se mamma e papà si spaventano troppo, o reagiscono con aggressività, o si paralizzano, di fronte all’espressione di rabbia dei propri figli, il bambino si sentirà in balia di un’emozione che verrà decodificata come pericolosa o vantaggiosa, se garantisce l’ottenimento dei propri scopi.

Come reagire alla rabbia dei propri figli?

Non esiste un manuale d’istruzione, e il “mestiere del genitore è tra i più difficili al mondo”, come citava S. Freud, ma forniremo alcuni suggerimenti utili:

  • aiutare il bambino a dare un nome e un significato alla sua emozione.
  • Non invadere il bambino con molte domande, che potrebbero alimentare la sua frustrazione e agitazione.
  • Non invadere lo spazio del bambino fisicamente.
  • Ascoltare il bambino.
  • Non reagire alla rabbia simmetricamente arrabbiandosi.
  • Utilizzare un linguaggio non verbale accogliente e fermo.
  • Non lasciare il bambino in balia della sua emozione, ma far sentire la propria presenza adulta, la sicurezza della relazione.
  • Essere sintonizzati tra mamma e papà, trasmettendo messaggi univoci.
  • Non farsi percepire impauriti dalla rabbia del bambino.
  • Fornire dei limiti ai comportamenti generati dalla rabbia ma non punire la rabbia! Si può sostenere l’espressione del sentimento ma non assecondare un comportamento eccessivamente sregolato.
  • Evitare di fornire rinforzi positivi, premi, gratificazioni in seguito a comportamenti errati generati dalla rabbia.

Quando la rabbia è uno campanello di allarme?

Come abbiamo visto la rabbia è di per sé uno stato emotivo fisiologico, necessario ed adattivo. Vi sono però manifestazioni che possono segnalare l’esigenza di una maggiore comprensione e la necessità di un aiuto specialistico. In particolare è importante intervenire quando:

  • Le manifestazioni di rabbia sono intense, frequenti ed implacabili.
  • La rabbia diviene l’unico canale espressivo del bambino.
  • La rabbia è diretta sempre verso un genitore ed è il modo privilegiato con cui il bambino si rapporta ad esso.
  • La rabbia è accompagnata da difficoltà nei movimenti di autonomia (ad es. enuresi notturna frequente).
  • La rabbia compromette anche le esperienze di socializzazione.
  • Attraverso la rabbia il bambino acquista potere sugli adulti di riferimento.
  • Il bambino è inibito nell’espressione della rabbia.

In tutte queste manifestazioni è probabile che il bambino sia eccessivamente turbato da dinamiche adulte, che bloccano il suo processo evolutivo e la naturale espressione di sé. Un aiuto familiare potrebbe essere una straordinaria opportunità per attraversare la crisi riconoscendone il suo potenziale evolutivo, un’occasione di crescita per tutta la famiglia. 

A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini Psicologa – Psicoterapeuta 

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