Mancata diagnosi della sindrome di Down: 500.000 euro alla famiglia

A Portogruaro, nel 2009, una giovane ventenne partorisce un bambino down, ma non era stata informata della malformazione del feto. A distanza di nove anni, il tribunale di Pordenone condanna la Asl n.4 del Veneto Orientale a risarcire la donna della somma di 500.000 euro.

La gestante non sapeva di poter effettuare amniocentesi e villocentesi

Nel 2009 la giovane donna aveva appena vent’anni e aveva deciso di affidarsi all’esperienza del primario allora responsabile del reparto di Ginecologia di Portogruaro.

Tuttavia il medico ha eseguito sul feto solamente l’indagine della translucenza nucale che ha il compito di misurare la distanza tra la cute della nuca e la colonna vertebrale del bambino.

Tale esame ecografico è molto importante per verificare, ad una prima istanza, se il feto può presentare delle anomalie genetiche, ma deve essere confermato in seguito da altri esami più specifici quali il Bi-test.

Inoltre le gestanti possono richiedere di sottoporsi anche ad indagini più invasive, ma dall’esito certo, come l’amniocentesi e la villocentesi, in modo da verificare con sicurezza l’effettiva salute del nascituro.

Il bambino è nato con la sindrome di Down e ora la famiglia deve essere risarcita di 500.000 euro

Forse per eccessiva sicurezza o per superficialità il primario ginecologo non ha eseguito sul feto il Bi test. Non ha informato la futura mamma della possibilità di sottoporsi ad ulteriori esami di screening, in modo da decidere eventualmente di interrompere la gravidanza.

Così alla nascita il bambino è risultato affetto da Trisomia 21, meglio conosciuta come sindrome di Down, malattia genetica cronica che condiziona fortemente la vita della persona e dei suoi familiari.

Tre anni dopo, la madre del bambino, insieme al suo compagno, ha deciso di avviare una battaglia legale contro la Asl per omessa informazione e soltanto oggi si ha finalmente la sentenza.

Il giudice del Tribunale di Pordenone, nella persona di Francesco Tonon, ha condannato il medico che ha seguito la puerpera e l’intera Asl a risarcirla della somma di 500.000 euro.

La giovane madre infatti, non solo è stata privata della possibilità di scegliere se continuare la gravidanza, ma dovrà garantire al figlio disabile un’assistenza continua, con ingenti ripercussioni dal punto di vista economico e psicologico.

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