Marito chiede il divorzio perché la moglie non lava e non cucina, il giudice lo bacchetta: la sottomissione non è ammissibile

Paolo Rizzi, giudice civile di Foggia si trova di fronte un marito che chiede il divorzio perché la moglie non attende ai lavori di casa. La sentenza sottolinea che la sottomissione di un coniuge rispetto ad un altro non è ammissibile dal codice civile.

La sentenza del giudice impone una condivisione dei lavori domestici

L’idea del marito, arrivato in tribunale forte delle sue convinzioni è che la moglie in quanto donna, deve pulire, cucinare, stirare, cucire. I litigi della coppia erano continui ed avvenivano sempre perché la moglie non cedeva alle pretese del suo compagno. Il giudice foggiano però, ha rigettato la richiesta di separazione del marito perché la donna, secondo quanto disposto dal codice civile, condivide con l’uomo i doveri legati alla gestione della casa.

Le richieste del marito trovano la loro origine in un retaggio culturale che considera la donna come sottomessa all’uomo. La sentenza perciò segna un momento importante nella parità di genere che di fatto trova un ostacolo molto difficile da superare anche tra le mura domestiche. Le donne infatti impegnate nel lavoro, nella gestione della casa e dei figli si trovano spesso a vivere un quotidiano faticoso e stancante con pochissima collaborazione da parte dei loro compagni. Il giudice ha anche sottolineato che la gestione dei lavori domestici va condivisa anche con i figli che collaborano in rapporto all’età e ai propri impegni nell’ambito di un’educazione responsabile. La dinamica famigliare perciò va ripensata e deve essere adeguata ai tempi.

Le reazioni dell’opinione pubblica

La sentenza è stata riportata dai maggiori organi di stampa e tra sostenitori e contrari si è alzato un polverone di commenti. Giudici e avvocati però sostengo che quello del marito foggiano non è l’unico caso portato in tribunale. Molti uomini ancora oggi trovano normale che la donna sia l’unica ad occuparsi della casa e vanno dal giudice per chiedere la separazione in quanto reputano di essere nel giusto. Dai tribunali perciò arriva una spinta ad andare avanti e a modernizzare i rapporti sempre più liberi dagli stereotipi e con un forte senso di condivisione e collaborazione reciproca, con la partecipazione anche dei figli.

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