Meglio una bella bugia o una brutta verità?

Come parlare ai propri figli di argomenti difficili? Cosa dire e cosa non dire?

Ricordo con emozione una delle mie prime esperienze professionali in cui incontrai una bambina di 6 anni, affidata temporaneamente ai nonni. Entrambi i genitori erano detenuti.

La famiglia aveva comprensibilmente e ingenuamente pensato di agire per il suo bene, omettendo la verità.

Uno dei primi obiettivi del lavoro con questa famiglia fu quello di accompagnare la bambina  a conoscere la verità su mamma e papà.

Perché?

Riflettiamo insieme su alcuni aspetti..

La fiducia è un ingrediente fondamentale nella crescita di un bambino

Gli adulti di riferimento all’interno della famiglia sono per un bambino le prime persone con cui sperimentare una relazione di fiducia.

Molte sofferenze adulte sono precedute da fallimentari esperienze di fiducia durante l’infanzia.

È difficile potersi fidare dell’esterno se ci si è sentiti traditi dentro casa.

Raccontare bugie ai bambini su realtà importanti che li riguardano, o su argomenti “universali”, anche a fin di bene, espone al rischio di rompere la relazione di fiducia. Sentirsi traditi da chi si prende cura di noi costituisce una profonda ferita, di non semplice rimarginazione.

“Omettere non significa cancellare”

Spesso gli adulti vivono l’illusione che omettere una realtà ad un bambino possa preservarlo da dolori e dispiaceri.

Non è propriamente così. I bambini possono non conoscere un evento ma sentono inevitabilmente le emozioni e i sentimenti ad esso connesso, che circolano in casa e in famiglia. È fondamentale accompagnare il bambino a dare un senso ai sentimenti, alle emozioni, anche quelle difficili.

“I fantasmi fanno più paura dei mostri”

Tornando alla bambina citata all’inizio, ricordo come per lei fosse evidente la ricerca di attenzione e visibilità. Esprimeva comprensibilmente una profonda insicurezza sulla presenza dell’altro.

Accompagnarla verso la ricostruzione reale della sua storia probabilmente non la preserverà dalla ferita abbandonica, ma l’aiuterà a darle un senso. 

Quando i bambini non conoscono la realtà di alcune situazioni, si rifugiano nell’immaginazione, coltivando fantasmi difficili da debellare.

Una brutta verità può essere paragonata ad un mostro. Un mostro, a differenza di un fantasma può essere guardato in volto e per tale ragione può essere combattuto.

Si può parlare con i bambini, rispettando la loro età

È fondamentale che nell’affrontare argomenti complessi i bambini percepiscano la differenza tra sè e gli adulti.

Gli adulti è importante che appaiono fermi, saldi, capaci di fronteggiare anche eventi e realtà difficili, pur non senza fatica e sofferenza.

Costituiscono un modello che il bambino porterà con sé nell’affrontare i propri eventi critici. L’obiettivo non è fornire un esempio supereroico ma trasmettere la propria umanità, offrendo un’immagine di una persona che può soffrire ma anche combattere e attraversare il proprio dolore.

Facciamo un esempio, quando muore un nonno molti genitori scelgono di non far partecipare il bambino al funerale.

In realtà, per un bambino, compatibilmente con la sua età, è importante prendere parte a quel momento, condividerlo con la famiglia e sentire che non è solo nell’affrontare un dolore.

Nella comunicazione tra adulti e bambini è fondamentale che l’adulto utilizzi un linguaggio infantile, parafrasando, senza mistificare, la realtà.

Come parlare con i bambini?

Pur non potendo generalizzare e riconoscendo l’importanza dell’unicità di ogni esperienza, forniamo qualche generale suggerimento: 

  • Considerare i tempi della comunicazione: prima di parlare al bambino dobbiamo essere pronti noi adulti.
  • Valutare il momento della comunicazione: spesso i bambini improvvisano domande complesse, se non si è in un buon momento per rispondere si può prendere tempo e rimandare a qualche ora dopo, costruendo uno spazio intimo ad hoc, senza lasciare il bambino in un’attesa eccessiva e frustrante.
  • Scegliere cosa raccontare in base all’età e la maturità del bambino. Talvolta non è opportuno raccontare tutti i dettagli, parlare con un bambino di 4 anni deve essere diverso dal parlare con uno di 10 anni.
  • Costruire una narrazione familiare, condivisa tra i membri principali della famiglia.
  • La fantasia può aiutare, non come deterrente della realtà ma come elemento che può addolcirla. Ad esempio, al di là del credo dei genitori, per un bambino di 5 anni è importante localizzare una persona deceduta (“nonno è in cielo, ci guarda e ci protegge”).
  • Riconoscere i segnali del bambino. Ogni bambino a suo modo comunica i propri tempi, la propria disponibilità a conoscere alcune realtà.
  • Confidare nelle risorse dei bambini, che sono sempre maggiori di quelle che noi adulti riusciamo a vedere.
  • In presenza di situazioni troppo complesse da affrontare autonomamente, farsi sostenere da un aiuto competente e professionale.

A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini Psicologa – Psicoterapeuta

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