Mustafa e il suo papà sono in Italia: dalla foto simbolo al sogno di una vita migliore

Mustafa, il bambino siriano di 5 anni che è nato senza arti a causa del gas inalato dalla madre mentre era incinta, è arrivato in Italia con la sua famiglia.
Lo scopo del viaggio è quello di sottoporsi a cure mediche per l’impianto delle protesi e offrire una possibilità anche al padre del piccolo, Munzir a cui è stata amputata la gamba destra a causa di una bomba.

Una raccolta umanitaria salva Mustafa e suo padre Munzir

Mustafa è sceso dall’aereo con tutta la sua famiglia, il padre Munzir, la madre Zeynep e le due sorelline Nur e Sacide. Ad accoglierlo all’aeroporto di Roma-Fiumicino, Leonardo da Vinci già un trasporto per Siena, dove l’Arcidiocesi senese ha messo a disposizione una casa per la prima tappa del viaggio.
A Siena infatti la famiglia farà la quarantena di dieci giorni imposta dalla normativa a causa della pandemia da Covid-19, ma presto partirà per il Centro Protesi Vigorso di Budrio, in provincia di Bologna, dove padre e figlio riceveranno le cure mediche necessarie agli interventi di protesi.

Una gara di solidarietà infatti ha consentito in poco tempo di raccogliere attraverso la piattaforma Gofundme, 100mila euro per regalare a Mustafa e Munzir una vita più autonoma. Il bambino e suo padre sono protagonisti della fotografia scattata dal turco Mehmet Aslanche che è diventata immagine simbolo del dramma del popolo siriano, dilaniato dalla guerra. La foto in cui il padre sorregge tra le braccia il piccolo, ha vinto il premio ‘Hardship of Life’ e ha acceso i riflettori sulle condizioni della popolazione locale e in particolare dei bambini.

L’impegno politico per una vita nuova

Munzir e Mustafa hanno lasciato la casa in affitto in Turchia in cui vivevano da tre anni e sono arrivati in Italia con la speranza di lasciarsi alle spalle la guerra e ricominciare a sperare. Tutta la famiglia ha ottenuto un visto umanitario per giungere in Italia e la pratica è stata seguita dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Un processo lungo che ha visto la partecipazione attiva della Farnesina e del Ministero dell’Interno per un’autentica missione di pace.

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