Scuola, c’è molto lavoro da fare: i risultati dei test Invalsi 2022

Sono stati resi noti i risultati dei Test Invalsi 2022 e questi ultimi fotografano una situazione piuttosto chiara. Risulta in particolar modo evidente un divario profondo tra il Nord e il Sud del Paese, e si riscontrano pochissimi miglioramenti nel campo della matematica e dell’italiano.

Un po’ meglio l’esito ottenuto dai ragazzi in inglese, ma la tendenza generale pare essere quella di un complessivo peggioramento che non può dipendere solo ed esclusivamente dalle difficoltà ereditate dalla pandemia. Vediamo nel dettaglio le maggiori criticità dei risultati dei Test Invalsi.

Risultati preoccupanti e di lunga data

Non si tratterebbe soltanto di un risultato dipeso dalle difficoltà indotte dalla situazione di pandemia, ma piuttosto di un problema risalente a 10 o addirittura 20 anni prima. Così di fatto ha voluto spiegare i deludenti esiti dei Test Invalsi 2022 lo stesso presidente dell’Invalsi Giovanni Ricci.

Nella scuola primaria dove le prove vengono condotte nelle classi seconda e quinta i miglioramenti sono stati pressoché nulli. 3 studenti su 4 hanno fatto registrare un livello di matematica e di italiano base.

Concrete differenze però si riscontrano paragonando un’area con un’altra, e in particolare mettendo a confronto regioni del Nord Italia con regioni meridionali.

In italiano sono Calabria e Sicilia le più in difficoltà, mentre guidano la classifica Valle D’Aosta, Molise e Umbria.

Nel campo della matematica è ancora una volta il Molise ad eccellere, in compagnia questa volta della Provincia Autonoma di Bolzano, mentre la maglia nera va alla Sardegna.

Non particolarmente distanti i dati fatti segnare dalla scuola secondaria, con divari piuttosto ampi tra regioni in condizione di chiara insufficienza quali Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia, e aree del Nord Italia invece un pochino più avanti.

Trend preoccupanti e differenze

La linea uscente dagli Invalsi 2022 è piuttosto drammatica circa alcuni aspetti educativi del nostro Paese.

I dati delle scuole superiori portano in dote alcune terribili verità. Il 40% degli studenti nelle regioni del Sud Italia non raggiunge un livello di italiano definibile come base.

In leggero miglioramento appare soltanto l’inglese, sia nel campo del listening sia in quello del reading.

Anche in matematica si era assistito ad una crescita arrestata però intorno all’ormai lontano 2011.

Sono perciò troppe e certamente troppo pronunciate le differenze di opportunità educative e scolastiche che ancora oggi molti giovani alunni sono costretti a vivere.

Alcune zone del Paese hanno la necessità, anche secondo l’Organizzazione Save The Children, di veder preparate ed allestite aree di alta densità educativa, dove si possa andare a focalizzare maggiormente l’attenzione e le risorse, così da risollevare una situazione altrimenti tragica.

Disuguaglianze territoriali, contesti sociali e familiari border-line, sono chiaramente ulteriori fattori particolarmente incidenti su tali risultati, e possono contribuire in maniera decisamente forte a disegnare dati che indicano come in alcune porzioni del Paese un alunno su due esca dalle superiori senza le necessarie competenze.

Di chi sono le colpe?

I preoccupanti Invalsi 2022 hanno fatto scattare una serie di allarmi e hanno immediatamente dato il via all’insorgere di tante domande circa il perché di tali esiti.

Si è in particolare resa più delicata la posizione dei professori, considerati da molti come i veri colpevoli di tale situazione. Categorico in tal senso il presidente dell’Invalsi Ricci che ha affermato che dare la colpa ai prof è profondamente ingiusto nonché sbagliato.

Secondo il presidente infatti i professori, specialmente nel Sud Italia, sono i primi a subire pressioni territoriali e sociali complesse, che ne inficiano la stessa piena possibilità lavorativa.

È piuttosto l’intero sistema scolastico a presentare una serie di lacune profonde e dalla difficile risoluzione. Su tutti manca in Italia un organo di valutazione di presidi e personale scolastico, che possa garantire uniformità di trattamento e gestione dell’insegnamento, andando così poi a lavorare là dove il ritardo è maggiormente pronunciato.

Bisognerebbe prestare maggiore attenzione e dare più voce ad insegnanti e scuole capaci e dai comprovati risultati, ed uscire da un egualitarismo di categoria che invece tende purtroppo verso il basso.

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