Sono la rappresentante di classe, non sono una santa

La mia personale idea di eroe contemporaneo è qualcosa che si avvicina moltissimo a chi sceglie di immolarsi e ricoprire il ruolo di rappresentante di classe. Nella classe di mio figlio, rappresentante di classe è la stessa persona da tre anni di cui due, mi sembra doveroso sottolinearlo, di dad, did e covid.

Tre anni in cui i grazie per la disponibilità di questa persona da parte degli altri genitori, io compresa, sono sempre scarseggiati. O comunque, in proporzione all’immenso, enorme, infinito rompimento per il ruolo rivestito, sono stati decisamente troppo pochi.

C’è un pregiudizio imperante, secondo il quale chi decide di fare la rappresentante di classe lo fa per trovar(si)e uno scopo nella vita, perché lei (nel caso dei padri il pregiudizio non c’è) non lavora, non ha una vita sociale, non ha interessi. Per lei esistono solo i figli e i suoi doveri in qualità di madre e, ora, di rappresentante di classe.

Questo pregiudizio è alla base di tutte le successive relazioni tra genitori e rappresentante di classe, relazioni che vengono regolate dallo strumento supremo del male per antonomasia: la chat di classe.

Nella chat di classe vige il cannibalismo e la vittima designata è la rappresentante di classe che improvvisamente si trova a fare da segretaria oltre che da assistente sociale e pediatra, a dover supportare genitori fuori controllo in preda ad isterie emotive.

Crescere un figlio ci getta in preda ad un senso di inadeguatezza generale che in pochi sanno davvero gestire. Le preoccupazioni si moltiplicano, così come le domande e i genitori, troppo spesso, si dimenticano di essere adulti e tornano a fare i bambini.

Chiedendo alla rappresentante di classe di “accudirli”.

Il problema è che troppo spesso ci dimentichiamo che spesso la rappresentante altro non è che un genitore come noi e non un tutore al quale chiedere continuamente quale sia la soluzione migliore.

Ecco, se ai nostri figli è il rispetto che vogliamo insegnare, forse dovremmo inziare da qua: dal prenderci le nostre responsabilità di adulti senza delegare a qualcun altro che, ricordiamolo, è un genitore proprio come noi!

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