Bambino iperattivo di 6 anni sospeso da scuola: l’appello a Valditara

7 marzo 2024 –

Un bambino di sei anni viene sospeso per 21 giorni dalla sua scuola a Ladispoli: il motivo sarebbe l’eccessiva iperattività del bambino, riconosciuta però tramite diagnosi di deficit dell’attenzione.

Questa storia sollecita risposte urgenti dall’organizzazione della scuola, sulla gestione della diversità comportamentale e di apprendimento.

Sospensione di un bambino iperattivo: il caso di Ladispoli

Questo caso ha catalizzato l’attenzione nazionale, non solo per le circostanze che hanno portato alla sospensione dello studente, ma anche per l’intervento del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha ordinato un’ispezione immediata per far luce sulla decisione della scuola.

La vicenda inizia quando un bambino di 6 anni, a cui è stato diagnosticato un disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), viene sospeso per 21 giorni dalla sua scuola elementare.

La decisione di sospendere lo studente è stata presa dall’istituto il 28 febbraio, con una comunicazione tramite PEC. Immediata la risposta dei genitori che hanno presentato un ricorso cautelare: e il TAR ha risposto il 4 marzo, emettendo un decreto che non solo sospendeva il provvedimento disciplinare della scuola, ma ordinava anche l’assegnazione di un insegnante di sostegno per le ore di lezione non coperte, garantendo così il diritto all’istruzione del bambino.

Nonostante l’ordine del tribunale, il dirigente scolastico ha mantenuto la sua posizione, negando l’accesso allo studente. Dal canto suo, il Ministro Valditara ha inviato ispettori a Ladispoli per indagare meglio la questione.

Diritto allo studio e inclusività

Al di là della legittimità o meno della sospensione, il caso solleva interrogativi più profondi su come le scuole gestiscono i bambini con esigenze speciali. Il ricorso al TAR da parte dei genitori e la successiva emissione di un decreto che ordinava la scuola a fornire un adeguato sostegno didattico indicano una mancanza di risorse, o forse di volontà, nell’integrare studenti con profili comportamentali e cognitivi diversi.

La presa di posizione del dirigente scolastico, che sottolinea gli sforzi compiuti dalla scuola ma anche le difficoltà incontrate nell’integrare il bambino nelle attività didattiche, getta luce sulle sfide quotidiane delle istituzioni scolastiche.

Il preside dell’istituto, Riccardo Agresti, ha dichiarato: «Il problema reale della vicenda è semplicemente la famiglia che ritiene la scuola un babysitteraggio e se ne infischia del fatto che altri 21 bambini non stanno imparando a leggere e scrivere a causa della situazione della classe».

La dichiarazione che la famiglia consideri la scuola come un semplice servizio di babysitting evidenzia un’ulteriore dimensione del problema, ovvero la necessità di una collaborazione più stretta tra scuola e famiglie nell’educazione dei bambini con esigenze speciali.

Scuola italiana tra risorse mancanti e burocrazia

Il caso di Ladispoli diventa così emblematico di una questione più ampia che riguarda l’educazione inclusiva in Italia. L’invio degli ispettori dal Ministro dell’Istruzione non è solo un tentativo di risolvere un caso isolato, ma un segnale che il dialogo tra famiglie, scuole e istituzioni deve essere rafforzato. Solo attraverso un approccio collaborativo, che tenga conto delle esigenze di tutti gli studenti, sarà possibile costruire un sistema educativo veramente inclusivo.

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