Come aiutare il bambino a parlare: i consigli della logopedista

Lo sviluppo del linguaggio può variare da bambino a bambino, in quanto esso è caratterizzato da una grande variabilità. I bambini imparano sin dalla nascita, per questo è fondamentale stimolarli e coinvolgerli fin da piccolissimi.

Affinché vi sia uno sviluppo completo e adeguato delle competenze linguistico-comunicative, è necessario che siano raggiunti i precursori del linguaggio: condivisione di sguardo, triangolazione, attenzione congiunta, vocalizzi e lallazione.

Ma come aiutare il bambini in questo percorso? lo abbiamo chiesto alla dottoressa Sara De Angelis, logopedista di MioDottore, che ha aderito al progetto di video consulenza online attivato dalla piattaforma.

Quali sono le buone abitudini che dobbiamo attuare fin dalla nascita per favorire lo sviluppo del linguaggio?

Si possono utilizzare i diversi momenti della giornata e le attività che condividete, per indicare e denominare gli oggetti così da incrementare il suo vocabolario.

Ampliate gli enunciati utilizzando frasi semplici e accattivanti. Inoltre il momento serale può essere utilizzato per leggere delle piccole storie attraverso libri illustrati scelti insieme.

Quali stimoli possiamo fornire ai nostri figli per aiutarli a parlare meglio o prima? Come possono essere di aiuto libri, filastrocche o canzoni?

L’essere umano impara attraverso l’imitazione e la sperimentazione, due funzioni fondamentali per l’apprendimento nei bambini. È importante dunque fornire dei modelli comunicativi corretti:

  • evitare l’uso dei nomignoli
  • parlare lentamente
  • guardare il bambino negli occhi quando comunichiamo con lui
  • scegliere attività da svolgere insieme che favoriscono la comunicazione.

Le filastrocche e le canzoni sono ottimi strumenti per promuovere il linguaggio, in quanto sono ridondanti, ovvero le parole vengono ripetute più volte e ciò permette al bambino di memorizzarle e ripeterle. Tali strumenti inoltre promuovono lo sviluppo del ritmo e della prosodia.

Per quanto riguarda i libri, si consiglia ai genitori di scegliere quelli figurati e/o tattili in modo da catturare l’attenzione del bambino e stimolare le sue abilità linguistiche.

Quali sono gli errori più comuni che i genitori fanno e che possono interferire con lo sviluppo del linguaggio?

Spesso i genitori tendono ad anticipare il bambino, bisogna ricordare che il nostro cervello funziona a risparmio energetico. Cosa vuol dire? In generale se c’è qualcuno che fa o dice le cose al nostro posto, perché dovrei sforzarmi di parlare? Ecco, questo è ciò che pensano i bambini.

I genitori devono promuovere il linguaggio facendo capire al bambino la sua reale importanza. Se nostro figlio indica l’acqua ma la indica soltanto è opportuno “pretendere” la denominazione, poco importa se la parola sarà pronunciata male. In tal modo capirà che se vuole un oggetto deve “impegnarsi” nel parlare.

Quali sono le tappe principali dello sviluppo del linguaggio? Quante parole andrebbero comprese e pronunciate a due anni? E più avanti?

Possiamo riassumere le diverse tappe in base ai mesi:

0-3 mesi: Emergono suoni di natura vegetativa: ruttini, sbadigli e pianto.

3-6 mesi: Il bambino ti segue con lo sguardo, emerge il sorriso comunicativo e compaiono i primi vocalizzi.

6-8 mesi: Compare la lallazione canonica. Il bambino utilizza la stessa consonante ma-ma/ ba-ba.

10-12 mesi: Compare la lallazione variegata, il bambino utilizza diverse consonanti (ma-la-ba). Inizia a manifestare la propria intenzione comunicativa anche attraverso i gesti.

18-24 mesi: Ampliamento del vocabolario fino al raggiungimento di 150/200 parole a 24 mesi, lo sviluppo della morfosintassi, cioè la capacità del bambino di combinare due parole e compaiono le prime frasi.

24-36 mesi: Il vocabolario diventa pian piano più vario ed emergono verbi e aggettivi. Il lessico del bambino raggiunge le 500 parole. Dal punto di vista morfosintattico compaiono frasi semplici costituite da soggetto e verbo

30-36 mesi: Il bambino pronuncia frasi più ampie, utilizza articoli, preposizioni e pronomi.

Ovviamente c’è una variabilità, ci possono essere differenze che dipendono da fattori culturali, sociali e di sesso.

Nonostante ciò, a due anni dovrebbe dire minimo 50 parole e comprenderne molte di più (all’incirca 200).

I suoni della lingua italiana vengono acquisiti progressivamente, l’inventario fonetico è completo entro i 6 anni.

Può capitare che ci sia un divario e che il bambino riesca a comprendere tutto, ma abbia difficoltà a esprimersi, magari sostituendo parole con suoni completamente diversi?

Molto spesso i genitori giungono in studio e chiedono come mai il proprio figlio nonostante capisca non parli. I motivi di tale difficoltà possono essere di diversa natura ed è quindi opportuno rivolgersi a uno specialista per effettuare una valutazione specifica. Esistono tuttavia dei parametri da tenere in considerazione:

• Assenza di lallazione e babbling (vocalizzi) a 4-12 mesi
• Vocabolario espressivo inferiore a 50 parole a 24 mesi
• Assenza di frasi a 36 mesi
• Linguaggio incomprensibile o comprensibile solo ai familiari
• Presenza sistemica di un suono

Quando può essere utile un consulto con un logopedista? Come si articola il suo lavoro?

Si consiglia una visita logopedica quando il bambino presenta assenza di lallazione, vocabolario insufficiente o le difficoltà indicate nella risposta precedente.

Nel primo colloquio si fa una raccolta anamnestica del bambino (è importante capire la storia clinica), successivamente si procede, se necessario, con la somministrazione di test standardizzati.

Questi ultimi forniscono un dato oggettivo dello sviluppo linguistico del bambino e del funzionamento in generale. Se emerge una difficoltà, si consiglia di fare una visita dal neuropsichiatra di riferimento e poi eventualmente un percorso logopedico o un approfondimento con altre figure mediche. Infatti il logopedista lavora in equipe con altri professionisti, per esempio, neuropsicomotricista, psicologo e dentista.

C’è differenza tra lo sviluppo del linguaggio tra maschi e femmine?

Diversi studi confermano la differenza nell’acquisizione del linguaggio e della comunicazione tra maschi e femmine.

Queste disuguaglianze non si osservano solo nello sviluppo del sistema linguistico, ma anche nello sviluppo delle capacità complessive di comunicazione sociale: contatto visivo, uso e imitazione del gesto, attenzione divisa e riferimenti sociali.

Le patologie in campo comunicativo sono più comuni nei maschi, soprattutto la sindrome autistica e la ADHD (deficit dell’attenzione e iperattività).

È vero che la “R” è l’ultimo suono che si acquisisce? Esistono degli esercizi specifici che possono aiutare ad “allenarla”?

Sì è vero, per promuovere la comparsa di questo suono si possono fare degli esercizi che lavorano sul tono muscolare della lingua e della cavità buccale.

La bocca e tutti i muscoli correlati a essa svolgono un ruolo fondamentale per l’articolazione dei suoni. Quando c’è un ipotono, ovvero il muscolo non è molto forte, il bambino può avere difficoltà nel controllo della lingua e quindi nella corretta pronuncia.

A che età lo sviluppo del linguaggio dovrebbe essere completo? Quanto è importante che all’inizio della scuola elementare sappia parlare perfettamente?

Lo sviluppo del linguaggio dovrebbe essere completo prima della scuola elementare, in quanto successivamente il bimbo dovrebbe essere in grado di apprendere adeguatamente la letto-scrittura.

Se il bambino non ha acquisito correttamente i suoni, tenderà a confonderli anche nella scrittura e nella lettura. Spesso, infatti, il disturbo di apprendimento è correlato a un disturbo fonologico pregresso.

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