Come parlare ai bambini della morte?

Parlare di morte è difficile per tutti. È un’esperienza che accompagna la consapevolezza di ognuno di noi. È paradossalmente la certezza più inossidabile che possediamo, con cui ciascuno ci si confronta con modalità soggettive e creative: c’è chi ne è ossessionato, chi la nega, chi la ricerca, chi tenta di esorcizzarla.

Ancor più difficile è parlare di morte con i bambini.
In queste righe non potremo fornire una rappresentazione esaustiva di un tema così ampio e complesso ma proporremo degli input di riflessione generici che possono accompagnare l’esperienza.

La Paura della morte nei bambini

La concezione della morte si configura nel bambino in base al suo grado di sviluppo cognitivo ed emotivo. Tendenzialmente, un bambino dai 3 ai 5 anni considera la morte un evento reversibile, seppur doloroso. Intorno ai 5/6 anni aumenta il grado di consapevolezza rispetto alla perdita definitiva della persona scomparsa. A 7/8 anni può insorgere maggiore curiosità verso la morte, fenomeno che intorno agli 11 viene compreso totalmente, anche in termini scientifici.

I binari della razionalità e dell’emotività viaggiano a frequenze e velocità spesso differenti. Un bambino pur comprendendo cognitivamente ciò che accade necessita generalmente di più tempo per identificare le proprie emozioni ed esprimerle con consapevolezza. Un bambino può essere arrabbiato e non sapere perché, può somatizzare un mal di pancia per tensioni che non riconosce a pieno.

Per tale ragione è fondamentale che l’adulto svolga la funzione di mediatore e regolatore emotivo e comportamentale. Il bambino va aiutato a decifrare ciò che prova, connettendolo alla realtà esterna. La paura della morte è fisiologica nei bambini se non pervasiva e non transitoria.

Dai 5 agli 8 anni è comune avere paura della morte dei propri cari. Se si sviluppa invece un’ossessione della morte, il terrore di separarsi dagli adulti di riferimento preoccupati che possa accadergli qualcosa, inibendo i propri spazi di autonomia e il disagio si cronicizza nel tempo è importante richiedere aiuto perché può rappresentare il segnale di un malessere più profondo da ascoltare.

Paura di morire

Tra le paure che i bambini possono sperimentare c’è anche la paura della propria morte ciò può portarli ed esserne molto angosciati.
Ciò può essere un passaggio fisiologico se transitorio. Se invece, diviene uno stato emotivo permanente ed invalidante sottende difficoltà più profonde.

La paura di morire può simbolicamente rappresentare la paura di crescere: la morte blocca l’evoluzione.
Inoltre, è fondamentale essere consapevoli dell’interconnessione emotiva profonda che esiste tra il bambino e gli adulti all’interno di una famiglia.

Il timore della propria morte può quindi rappresentare anche l’interiorizzazione di uno stato depressivo genitoriale, l’espressione di tensioni familiari.
Può ricondursi anche ad esperienze di lutto non elaborate e particolarmente traumatiche.
Il ruolo degli adulti è essenziale per la comprensione del significato del disagio. Sarà quindi importante il dialogo, la rassicurazione e la messa in discussione personale.

L’esperienza della morte : Come parlarne ai bambini ?

La perdita di una persona cara rappresenta un evento presente in ogni famiglia.
È chiaramente diverso l’impatto della perdita sul bambino in base alla relazione con la persona deceduta.
Se si tratta di una morte improvvisa e traumatica che coinvolge una persona giovane, ad esempio, sarà particolarmente destabilizzante per tutta la famiglia, inclusi i più piccoli.

Ecco alcune coordinate utili nell’attraversare l’esperienza della morte con i bambini sono:

  • Essere aperti al dialogo e alla comunicazione: è importante parlare della morte e non eludere le domande e le curiosità del bambino.
  • Fornire informazioni coerenti e realistiche: anche se con un linguaggio adeguato al bambino è importante sostenere il bambino nella scoperta della realtà, non negandola o mistificandola.
  • Non nascondere la propria sofferenza: un genitore può soffrire è ciò è una consapevolezza importante per il bambino da acquisire, che lo aiuterà sia a de-mitizzare e umanizzare il genitore, sia a legittimare l’espressione e la condivisione del dolore. Chiaramente, è importante che il bambino non si senta invaso dalla sofferenza genitoriale né investito del ruolo di doversene prendere cura.
  • Essere sinceri: una brutta verità è meglio di una bella bugia. Nascondere la morte ad un bambino, seppur viene fatto con scopo protettivo, non né aiuta l’elaborazione, anzi può favorire sfiducia e diffidenza.
  • Accompagnare il bambino nel riconoscere le proprie emozioni.
  • Far sentire i bambini partecipi dell’evento luttuoso nel rispetto della loro età e soggettività: è un diritto del bambino sentirsi parte della condivisione familiare, anche quando dolorosa. Ciò favorisce il senso di appartenenza e resilienza. È prezioso per un bambino sperimentare che un dolore si può affrontare insieme. Ad esempio, la partecipazione al funerale può essere molto importante per il bambino, coinvolgendolo nella preparazione di un disegno per la persona deceduta, nella scelta di un fiore ecc.. Ciò non deve essere un obbligo ma si deve tener conto delle caratteristiche del bambino e della sua preferenza.
  • Non patologizzare comportamenti regressivi del bambino in reazione alla morte di una persona cara: enuresi, difficoltà del sonno, somatizzazioni, ricerca di maggiore vicinanza del genitore, irritabilità, sono manifestazioni comuni in un bambino che sta affrontando un lutto. Non costituiscono un segnale di patologia ma la reazione ad un esperienza difficile, che richiede tempi di accettazione e elaborazione. È importante quindi non colpevolizzare il bambino per l’insorgenza di questi comportamenti, né ridicolizzato, bensì sostenerlo e rassicurarlo.
  • Continuare a parlare della persona deceduta: è importante non far scomparire dalle narrazioni chi non è più in vita. Il ricordo aiuta l’interiorizzazione del legame e l’elaborazione della perdita.
  • Utilizzare cartoni animati e libri sul tema della morte: può essere utile ricorrere a validi strumenti di mediazione della realtà con i bimbi piccoli. Attraverso le fiabe e i cartoni animati il bambino può proiettare la propria esperienza, riconoscere le sue emozioni e coccolarsi nella fantasia.


Le favole non insegnano ai bambini che i mostri esistono. Questo lo sanno già. Le favole insegnano ai bambini che i mostri possono essere sconfitti
(Richard Keith Chesterton)”

Dott.ssa Giulia Gregorini

Il video della settimana

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *