Elf on the Shelf non è una spia: ecco come farlo diventare un rinforzo positivo

Chi non conosce gli Elfi, i magici aiutanti di Babbo Natale?
Di certo li conoscono i bambini americani, che da molti anni usano metterne uno sulla mensola accanto all’albero. Da anni ormai tradizione di Elf on the Shelf ha raggiunto anche l’Italia in rete fioccano le immagini che vedono questi simpatici e dispettosi elfi nelle più improbabili situazioni. Tutto nasce da un libro del 2004, che negli ultimi tempi è stato adattato per rendere questa suggestiva figura un aiuto per i bambini. Vediamo come.

Elf on the Shelf: l’elfo nato dalla penna di Carol Aebersold

Era il 2004 quando la scrittrice Carol Aebersold creò questa simpatica storia. Si trattava di un’invenzione, che presto ha trovato piede anche in Italia, non priva di qualche critica pedagogica.

L’elfo in questione infatti arriva nelle case con il ‘compito’ di sorvegliare i bambini, denunciando a Babbo Natale comportamenti non proprio buoni. Secondo alcuni psicologi questa figura di controllore sarebbe repressiva per i piccoli di casa, e suggeriscono alcune modifiche per rendere l’elfo un aiuto molto valido per la loro crescita.

Come trasformare l’elfo da controllore ad amico

La prima regola per non far sentire il bambino controllato e soprattutto giudicato, è quella di non dirgli che l’elfo è lì per riferire a Babbo Natale le sue marachelle. Il senso di colpa e il giudizio che il bimbo sta appena sviluppando non ne gioverebbero. Meglio impostare la sua presenza come quella di un amico, un confidente, insomma un compagno immaginario al quale poter anche confidare i propri sentimenti.

Potrebbe capitare anche il bambino abbia paura dell’elfo e che lo veda come un intruso che gli abbia invaso la casa. È bene allora spiegare al bambino che il pupazzo non è reale ma che è frutto di fantasia, anche se ciò nulla toglie al suo valore e alla sua magia.

In secondo luogo, importante è anche adattare l’elfo al bambino.
Esistono vari modi di presentare l’elfo al bambino. Sarebbe meglio iniziare a parlare dell’elfo al piccolo magari attraverso un libro o una lettera proveniente da Babbo Natale che chiede alla famiglia se vuoi ospitare per il periodo natalizio un suo piccolo  aiutante.

L’arrivo poi potrebbe avvenire attraverso un pacco proveniente dal Polo Nord, o attraverso l’allestimento di una porta elfica (da far comparire magicamente o da costruire insieme) da attivare attraverso un magico rituale”.

Anche per la scelta dell’elfo esistono diverse possibilità: è possibile acquistarne in rete uno già pronto o oppure crearlo a casa (anche in questo caso e possibile scegliere se coinvolgere o meno il bambino nella preparazione). In questo secondo caso si potrebbe realizzare l’elfo secondo le direttive del bimbo, che ne sceglierà anche il nome.

C’è anche un altro aspetto che si può adattare dalla tradizione americana: secondo le regole infatti, l’elfo non dovrebbe essere mai toccato. Una limitazione che servirebbe a “non far perdere la magia” all’elfo, che ogni notte si anima e combina le sue marachelle, ma che può rivelarsi una tremenda fonte di stress per i più piccoli.

Via libera allora alla manipolazione, al tenere l’elfo in braccio, al toccarlo e parlargli. L’elfo non deve essere visto come una figura coercitiva e minacciosa che sta in disparte. Ai bambini si insegna subito a non toccare le cose pericolose, come il fuoco ad esempio. Quindi, impedirgli di relazionarsi fisicamente con l’elfo, rischia di trasformare questa figura in una sorta di pericolo immaginario, e non è questo il suo scopo.

Infine, la trasformazione più importante, dal punto di vista pedagogico, può avvenire facendo in modo che l’elfo segnali a Babbo Natale i comportamenti positivi, anziché quelli negativi.

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