Tunisia: bambine vendute per fare le domestiche nelle case dei ricchi

La legge tunisina vieta il lavoro minorile eppure questo è ampiamente utilizzato soprattutto nelle famiglie dei ricchi.

Le testimonianze

Fernana, dove si trova Whalid Ghazouani, è considerata attualmente come la capitale delle bambine domestiche, ma lui ancora non lo sa.

Si trova presso la piazza principale quando ad un certo punto vede un Audi accostare all’ombra di uno degli alberi. Subito, nel giro di qualche minuto, arrivano due uomini con delle bambine. Hanno 10 e 14 anni e, dopo aver visto un palese scambio di soldi, Whalid Ghazouani le vede salire sulla macchina e andare via.

Vendita di bambine minori come domestiche nelle famiglie ricche tunisine, ecco di cosa si tratta.

L’uomo capisce immediatamente che ha assistito a qualcosa di illegale e decide di alzarsi e intervenire. Le due bambine vengono recuperate dopo almeno 12 ore e tanti sforzi che richiedono il contatto da parte di un giornalista locale del governatore regionale.

Tunisia: tra passi avanti e un mondo illegale

A Ouled Khmissa, in un territorio abbastanza ostile, rifugio di terroristi e di trafficanti, c’è una casa dipinta di bianco. Qui si ritrovano le donne che raccontano la loro esperienza.

“Camminavo quattro ore sotto il sole per andare a scuola, quindi ho mollato”, dice Hela. Neila invece ha lasciato la scuola a 12 anni ed ha lavorato per due anni a Tunisi come domestica.

Si stima che il 10% dei minori, ragazzi e ragazze, stia attualmente praticando lavoro minorile anche se illegale. Un dato allarmante anche se sembra che qualcosa si stia muovendo. Nel 2017 è nata una legge che vieta la violenza sulle donne e, sempre nello stesso anno, la Tunisia ha visto nascere la prima piattaforma contro la tratta degli esseri umani. Tuttavia, il bisogno più chiaro ed emergente è quello di creare informazione e sensibilizzare i genitori, che spesso pensano solamente al lato economico. Sono tantissime le testimonianze di bambine e ragazze vendute spesso dal capofamiglia (il padre o il fratello maggiore) per soldi.

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