Perché io sono una madre che è anche una figlia

Ho capito di essere una figlia irrisolta. E, a dirla tutta, inizio a credere che sia una madre irrisolta proprio per questo motivo. Premessa: la mia è stata un’infanzia più che felice, in una famiglia numerosa e unita. Figlia di genitori giovani che poi, negli anni, hanno preso le proprie strade. Loro sono cresciuti insieme a me, un po’ appoggiandosi tra di loro, un po’ su di me, pian piano sono diventati adulti, due persone che erano anche genitori. Il loro percorso, come il mio, non era stato deciso “a tavolino”, la gravidanza di mia madre non prevista, la loro crescita improvvisa una cosa che, all’epoca, non poteva che spaventarli.

Per anni, nonostante loro non avessero colpe, mi sono sentita inadeguata perché le loro vite erano cambiate in qualche modo a causa mia. Per anni ho recriminato un affetto che pur essendoci per me non era abbastanza, semplicemente perché diverso da come io l’avevo pensato. Guardavo gli altri padri, le altre madri e li vedevo sempre più sorridenti, più attenti, più presenti dei miei genitori. Per anni ho urlato loro contro che non sapevano amarmi abbastanza.

Poi un giorno mia madre, al termine di una discussione, mi ha detto che lei era stufa di essere pensata sempre e solo come una madre, che anche lei, proprio come, era una persona. Una donna. Un adulto. Per me è stata una doccia fredda. Uno schiaffo forte in faccia, nonostante lei me lo avesse detto con tanta dolcezza. E un pizzico di stanchezza. Una frase che non avevo ancora gli strumenti per capire del tutto. Una frase con la quale oggi, da madre, mi trovo a fare i conti praticamente ogni giorno.

Quasi ogni giorno mi ripeto che sono una donna prima che una madre, che devo pensare a me stessa per restituire al mio bimbo una mamma appagata, libera da frustrazioni e che sappia davvero apprezzare il valore di un figlio. Quasi ogni giorno faccio i conti con i sensi di colpa che queste convinzioni mi generano. Quasi ogni giorno mi ritrovo a percorrere una strada che mi sembra molto simile a quella che hanno percorso, prima di me, i miei genitori. Quasi ogni giorno mi risuonano quei: “Io sarà un genitore diverso da voi” urlati in faccia ai miei genitori durante l’adolescenza. Quasi ogni giorno vorrei riuscire a spiegarmi come si fa a smettere di essere donna e figlia per essere semplicemente madre.

Poi mi dico che no, non posso riuscirci. Non posso spiegarmi che bisogna smettere di essere qualcosa per diventare altro. Posso però convincermi che si può essere contemporaneamente una figlia e una madre, che cerca protezione e ne dà, che si lascia abbracciare, ma sa anche abbracciare al momento giusto. Che si fa preparare la cena e che lo fa a sua volta. Che rimbocca le coperte e augura la buonanotte, senza smettere mai di sentirsi veramente a casa quando qualcuno lo fa con lei. Che si può essere una figlia irrisolta che però ce la sta mettendo tutta per essere una brava madre.

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