Capricci o bisogni? La psicologa ci spiega come gestire le richieste dei figli

Dai 18 mesi fino ai 5-6 anni i capricci sono normali. Il bambino non ha la capacità di esprimere, né di capire a pieno le proprie emozioni. Questo perché a livello cerebrale è ancora immaturo. Fino a quel momento la corteccia prefrontale, la parte del cervello che controlla le emozioni non si è ancora completamente sviluppata. Per questo non riesce a comprendere e gestire le emozioni. Il capriccio non è fine a se stesso, è un bisogno non soddisfatto perché il bambino non lo sa esprimere e gli adulti spesso non riescono a capirlo.

Questa situazione comporta grande frustrazione che esplode nel pianto e nella rabbia, proponendo quelli che noi adulti chiamiamo capricci.

Dovremo quindi evitare di giudicare vedendo nei capricci solamente comportamenti sgradevoli e da evitare, ma intenderli come un tentativo di comunicare un bisogno che rimane non soddisfatto. Sicuramente si tratta di un tentativo poco efficace, ma è compito nostro insegnare piano piano al bambino a “comunicare meglio”, grazie al dialogo e all’esempio.

La dottoressa Federica Melis, psicologa di MioDottore che ha aderito al progetto di video consulenza online attivato dalla piattaforma, ci spiega in dettaglio come fare.

Capita spesso che i bambini facciano “capricci” per ottenere qualcosa, che si tratti di un gioco nuovo o di una mezz’ora aggiuntiva di cartoni animati. Come si deve comportare in questi casi il genitore?

Quando il genitore si arrabbia eccessivamente davanti a un capriccio, in genere pensa che il bambino gli stia facendo un dispetto. Teniamo presente che non è un affronto personale al genitore.

È importante mantenere la calma, se anche noi in quel momento urliamo e perdiamo il controllo, automaticamente diventiamo meno autorevoli ai loro occhi. Cerchiamo di sintonizzarci con loro e i loro bisogni, capire cosa vorrebbero comunicarci. Diamo voce, esprimendo noi stessi la loro emozione.

Sosteniamoli, stiamo accanto nel momento della frustrazione, della rabbia e del pianto, dimostriamo loro che capiamo come si sentono. Riassumiamo l’accaduto in modo che possano capire anche loro la situazione, per poi accogliere il bisogno e proporre una possibile soluzione che metta in accordo le loro richieste con quello che riteniamo sia la cosa migliore da fare.

In questo modo dimostriamo di aver compreso il bisogno. Un esempio può essere

‘Ti sei proprio arrabbiato, capisco che tu ora voglia mangiare il gelato. Però tra poco è ora di cena. Facciamo così, prima mangiamo la pasta e le polpette. Dopo se ti va mangiamo anche il gelato. Abbiamo crema e cioccolato, quale scegliamo per dopo? Dai adesso mi dai una mano ad apparecchiare?’

A volte cerchiamo di argomentare le nostre motivazioni ai bambini con ragionamenti complessi, ma come funziona realmente il cervello di un bambino?

Il bambino non sta attivando una modalità manipolatoria e non ha intenzione di mettere alla prova, semplicemente non è in grado di gestire le sue emozioni.

Col tempo raggiungerà la maturità cerebrale che glielo permetterà. Per questo quando urla, piange o fa i capricci, sta mostrando un’esigenza che noi adulti non abbiamo saputo cogliere. Questo è il suo modo per manifestare disagio e fastidio. In queste situazioni, per quanto difficile, è opportuno mantenere la calma ed evitare reazioni di rabbia che rischiano di peggiorare la situazione. Il rischio nel perdere il controllo è quello di far sentire inadeguato e solo il bambino.

Ci sono diversi approcci da tenere in base all’età del bambino? Quali sono le frasi che sarebbe meglio utilizzare e quali sarebbe meglio evitare?

I bambini nascono con un’attività cerebrale immatura, che raggiunge lo sviluppo intorno ai 5-6 anni. Già da subito è bene parlare con loro, anche se non potranno capire completamente i nostri discorsi, sarà uno stimolo per la crescita.

A partire dai 18 mesi il bambino inizierà ad assorbire sempre di più ciò che gli comunichiamo anche verbalmente. Quando notiamo l’avvicinarsi dei momenti critici, sappiamo che sta per arrivare un’esplosione di rabbia, pianti e capricci. È bene utilizzare le giuste espressioni, per evitare che quel momento di difficoltà, del tutto naturale, diventi completamente ingestibile da parte nostra.

Di seguito alcuni esempi su quale tipo di linguaggio è bene utilizzare. Nel momento in cui notiamo l’arrivo di un’esplosione di rabbia ci viene automatico dire ‘Non arrabbiarti’ ecco, sarebbe meglio verbalizzare. Descrivere al bambino ciò che vediamo e tranquillizzarlo, cercare di legittimare e normalizzare la situazione in cui si trova:

‘Capita a tutti di sentirsi tanto arrabbiati. È normale piangere quando ci si sente così, le lacrime ti aiutano a fare uscire la rabbia. Vedrai che poi ti sentirai subito meglio!’.

Un’altra situazione tipica può essere quella in cui lancia gli oggetti. Anche in questo caso è meglio evitare espressioni come ‘Sai che i giochi non si lanciano!’, mentre sicuramente può essere più utile dire

‘Quando prendi i giocattoli e li lanci lontano, la mamma pensa che quei giochi non ti piacciono. È quello che mi vuoi dire? Non ti piace giocare con loro?’.

In questo modo il bambino avrà una visione delle cose da una prospettiva diversa dalla sua e avrà l’input per esprimere ciò che vede dal suo punto di vista.

Un’altra frase da evitare è ‘I bambini grandi non fanno i capricci’ provate a utilizzare piuttosto

‘Capisco che in questo momento hai bisogno della mamma. Appena finisco di sistemare la cucina arrivo da te.’

Ecco è proprio un altro tipo di comunicazione, non si sta esprimendo un giudizio (sei grande e non va bene che fai i capricci), ma si sta accogliendo il bisogno che lui sta esprimendo (capriccio) rassicurandolo sul fatto che abbiamo capito la sua necessità e tra poco saremo da lui.

Molti genitori e nonni possono dire delle bugie a fin di bene per distogliere l’attenzione e tranquillizzare il bambino: “la televisione si è rotta”, “lascia lì il gioco, lo torniamo a prendere domani”. La verità e la sincerità sono le strade sempre consigliate e consigliabili?

Raccontare bugie, anche se bianche (a fin di bene), non è mai la via consigliata. Mentendo rischiamo di confondere il bambino e ancora peggio minare la sua fiducia.

Scoprendo la verità potrebbe poi non fidarsi più degli adulti. La verità va sempre detta, cercando il modo più adatto all’età del bambino, tenendo conto della sua capacità di comprensione. Dobbiamo permettergli di mettersi a confronto con le sue emozioni.

Per dargli gli strumenti per imparare a gestirle e superarle. In realtà sono i genitori a faticare di fronte all’idea di causare frustrazione al bambino. Preferiscono proteggerlo evitando i capricci e scegliendo la via meno impegnativa. Mentire con frasi come ‘La televisione è rotta’ non solo è sbagliato eticamente, ma rischia di voler mettere temporaneamente a riparo da una situazione frustrante, ricevere un ‘no’. Richiede maggiore impegno dire

‘Abbiamo visto cartoni animati a sufficienza per oggi. Altri due minuti e spegniamo. Ti va di giocare con le costruzioni?’

in questo caso probabilmente riceveremo del disappunto da parte del bambino, ma a lungo andare gli darà gli strumenti per crescere e confrontarsi con le sue emozioni.

Quali sono gli errori più comuni che facciamo nella gestione dei capricci? In che misura dovremmo “cedere” alle loro richiese e quanto invece è importante la fermezza?

Intanto dobbiamo gestirle con fermezza e sicurezza, evitando di alzare la voce. Mantenere la calma, perché urlare e arrabbiarsi ha come unico risultato l’aumento della frustrazione nel bambino, che continuerà a sentire il suo bisogno insoddisfatto.

Creando un circolo vizioso di capricci (del bambino) e urla (del genitore). Le regole sono fondamentali, esprimerle in modo chiaro e comunicarle in anticipo. Devono essere autorevoli, ma spiegate con un linguaggio adatto all’età. Ricordiamo di spiegare il motivo di tali regole e cosa ci aspettiamo accada. Inutile utilizzare concetti astratti lontani, proviamo ad aiutarci utilizzando esempi, anche fantasiosi, che possono restare nella mente con più facilità. Soprattutto devono essere coerenti coi nostri comportamenti, il nostro esempio è fondamentale per la crescita del bambino.

Non serve dirgli di mangiare lentamente se noi siamo i primi a non farlo. Non si tratta tanto di cedere ai capricci quanto di sintonizzarsi col bambino per cercare di capire il suo bisogno, creare un contatto in cui spieghiamo che capiamo la sua rabbia per farlo sentire compreso e cercare insieme una soluzione. Questo lo calmerà. È molto diverso dal dire un ’no’ secco, urlato e senza motivazione.

Quando invece i bambini richiedono costantemente attenzioni: “mamma guardami”, “mamma vieni”, “mamma hai visto cosa ho fatto”, tanto da non lasciare un attimo di tregua ai genitori, come si spiega al bambino che la mamma o il papà non possono essere sempre presenti con lo sguardo, ma con il loro affetto sì?

‘Mamma guardami’, tutti noi abbiamo bisogno di attenzione, di essere riconosciuti dagli altri come persone con un valore. Nei bambini questo istinto è ancora più accentuato, perché la loro personalità si sta sviluppando: ricevere la giusta considerazione da parte dei genitori li aiuta a creare le basi dell’autostima.

I bambini che risentono della mancanza di attenzione da parte dei genitori possono diventare difficili da gestire. Per attirare lo sguardo dei genitori, sviluppano un comportamento vivace, esuberante a casa e fuori. In altri casi invece, diventano eccessivamente introversi, non socializzano facilmente e magari mostreranno inappetenza. Questi comportamenti celano una richiesta di attenzioni, mossi da una paura di non esser accettati e stimati. L’esigenza è quella di esser visti, accettati e considerati.

Sempre più genitori non riescono a passare abbastanza tempo coi propri figli e cercano di farli sentire considerati e importanti esaudendo ogni loro richiesta e desiderio materiale, ma questo non compensa il bisogno di attenzione.

Ricevere regali e concessioni continue non basta, a volte aumenta la frustrazione di entrambi. I figli aumenteranno via via le loro richieste e i genitori si troveranno in difficoltà nel soddisfarle. L’unico dono che desiderano i bambini è quello di ricevere le attenzioni dei propri genitori.

Ma quando non si ha abbastanza tempo per stare con loro come possiamo fare? Dobbiamo puntare sul così detto ‘tempo di qualità’. Non serve stare tanto tempo coi bambini se poi quel tempo lo passiamo con la nostra attenzione rivolta altrove, magari sui social, davanti alla tv oppure a lamentarci o esser tristi. Come fare allora? Regaliamo ai nostri figli dei genitori che hanno energie da dedicare esclusivamente a loro.

Il primo passo è dedicare tempo a noi stessi, per non arrivare scarichi e pieni di tensioni al momento di stare con loro. Un altro consiglio è quello di rivedere le priorità, dedichiamo prima di tutto del tempo ai bambini, poi pensiamo ai doveri.

Ad esempio nel rientrare a casa la sera non pensiamo prioritariamente alla cena o alle lavatrici. Ma dedichiamo i primi 15 minuti a stare completamente coi nostri figli. Dopo aver soddisfatto il loro bisogno di attenzioni avranno un senso di abbondanza che ci permetterà di svolgere serenamente tutte le altre attività.

Ricordiamoci che, se dedicheremo tempo di qualità, questo tempo sembrerà amplificato. In questo modo il bisogno di essere considerato verrà soddisfatto e imparerà ad aspettare, anche quando non potremo stare con loro. Impareranno ad aspettare perché sapranno che quando sarete disponibili dedicherete il vostro tempo al 100%.

Capricci, atteggiamenti aggressivi, comportamenti volutamente sopra le righe, interrompere gli adulti quando parlano possono essere un modo per richiamare l’attenzione di mamma e papà. Come si interviene in questi casi?

Il bisogno di attenzione dei bambini è un bisogno assolutamente biologico. Richiedono la nostra attenzione nei momenti in cui si accorgono di non averla. Ci chiamano mentre parliamo con un amico, mentre siamo al telefono o stiamo cucinando, insomma proprio quando non possiamo offrire l’attenzione che ci stanno chiedendo. Qui si cade nella solita trappola di pensieri ‘Lo fa di proposito, proprio quando ho iniziato a parlare al telefono’.

È più semplice perdere la pazienza davanti alle richieste insistenti del bambino che diventa sempre più incalzante se non trova risposta. In questo caso si tratta del bisogno di attenzioni, che è paragonabile a quello della fame e della sete o il dormire. Hanno bisogno di essere visti dai genitori, avendo ancora un sistema cerebrale immaturo esprimono la loro urgenza nel volerlo soddisfare in questo modo: insistendo.

Consideriamo che i bambini imparano tantissimo tramite l’esempio e l’imitazione degli adulti, se noi in genere siamo abituati a non lasciare spazio nel parlare, quando chiediamo qualcosa non aspettiamo, ma la esigiamo subito: da chi dovrebbero imparare ad aspettare? Parte della soluzione sta nel dare il buon esempio.

Armandoci di grande pazienza possiamo insegnare a comunicare in modo efficace questo bisogno. Spiegando loro che sentire un forte bisogno di comunicarci qualcosa mentre siamo impegnati in altre attività è normale, ma devono imparare ad aspettare il momento più opportuno per soddisfare la loro richiesta. Uno di questi modi potrebbe essere concordare insieme un segnale che richiama la nostra attenzione, ad esempio prenderci la mano. In modo che possiamo capire subito l’urgenza ‘ho bisogno di te’, in risposta possiamo a nostra volta stringere la loro mano ‘Ci sono e ti vedo. Appena termino di parlare avrai tutta la mia attenzione’.

In questo modo il bambino saprà che il genitore non lo sta ignorando, ma sta accogliendo la sua richiesta che soddisferà non appena possibile. Va sottolineato come il genitore dovrà essere coerente e mantenere la promessa fatta. Con tempo e costanza diventerà tutto automatico. Il genitore starà insegnando al proprio bambino come regolare le proprie emozioni, come saper aspettare.

Quando e come possiamo gestire i regali premio? È giusto incentivare i buoni comportamenti dei bambini promettendo qualcosa in cambio o si rischia di cadere in una sorta di ricatto? Come possiamo muoverci?

Va bene utilizzare il rinforzo positivo, premiare per stimolare l’apprendimento di un comportamento adeguato. Attenzione però a non sconfinare nel ‘ricatto’, curiamo il messaggio che facciamo passare.

Ecco due frasi da prendere come esempio:

‘Visto che al supermercato non hai toccato nulla, stasera ti farò vedere un po’ più di cartoni animati’.

‘Ho visto che al supermercato ti sei comportato molto bene, so quanto sia stato faticoso per te: c’erano tante cose che ti piacevano, ma non le hai toccate. Stasera potrai vedere un po’ più di cartoni animati.’

Sono due frasi che racchiudono messaggi molto diversi. Nella prima frase il messaggio che viene trasmesso è ‘tu fai qualcosa per me’ (comportarti bene) e io ti premio (ti lascerò guardare un po’ più di cartoni animati) e questo non va bene, perché trasmettiamo che è giusto comportarsi bene per poi ottenere qualcosa, una sorta di ricatto. Nella seconda frase, quella corretta, il bambino non percepisce che si deve comportare bene per il genitore, per farlo felice così poi viene premiato, ma comprende che il genitore lo premia perché capisce lo sforzo che sta facendo (so quanto sia stato faticoso per te: c’erano tante cose che ti piacevano, ma non le hai toccate).

Lo sta facendo per imparare a comportarsi in modo adeguato, non per il genitore, né per ottenere qualcosa, ma per se stesso, perché sa che è giusto così.

Quando i capricci avvengono in pubblico sono più difficili da gestire se non altro perché generano imbarazzo. Come suggerisce di approcciarsi al bambino in questi casi?

Parliamo prima di tutto degli errori da evitare. È importante dare delle regole che siano le stesse a casa e in pubblico: dobbiamo essere coerenti e non cedere al capriccio solo perché temiamo il giudizio di chi ci osserva.

Ad esempio, se il bambino a casa è abituato a toccare qualsiasi cosa senza chiedere il permesso, aprendo cassetti e frugando senza esser ammonito, non possiamo stupirci se riproporrà lo stesso comportamento anche in pubblico. Al supermercato, dove le regole sociali mortificano un comportamento del genere, toccando e chiedendo qualsiasi cosa, davanti a un ‘no’ il bambino avrà difficoltà a tollerare la frustrazione. Ci ritroveremo nel pieno di una crisi di rabbia e pianto.

Il giusto approccio è prevenire, capire in anticipo quali saranno le criticità. Conosciamo il nostro bambino e quali sono i suoi interessi, sapendo in anticipo cosa troveremo nell’ambiente in cui ci recheremo, potremo fare una previsione dei capricci che potrebbero insorgere. Soprattutto prevenirli in anticipo. Il vantaggio di questo ragionamento sta nel poter creare delle strategie per fronteggiare eventuali emergenze. In poche parole, di fronte ai capricci evitiamo l’improvvisazione, il comportamento efficace è la prevenzione dell’emergenza.

Ricordiamo di evitare di portarlo a fare la spesa quando è troppo stanco, sicuramente la sua soglia di tolleranza sarà già molto bassa. Ora vediamo cosa è opportuno fare quando ci troviamo in quel determinato luogo. Spieghiamogli quali sono le regole da seguire in quel determinato ambiente. Ad esempio

‘stiamo andando al supermercato, non possiamo toccare o comprare tutto quello che vediamo. Chiedi a mamma una cosa al massimo, se mamma può, la compra. Sicuramente a casa avremo già qualcosa di simile o migliore’.

Spesso diamo per scontato che loro sappiano cosa fare in certe situazioni, ma non è così.

Spesso si parla di “tempo di qualità da dedicare ai figli” come della panacea di tutti i mali. Ce ne darebbe una definizione realistica?

La vita che conduciamo oggi, ci porta a passare ogni giorno molto tempo fuori casa. Il tempo trascorso in famiglia è meno di quel che vorremo. Ma cosa significa ‘trascorrere del tempo di qualità’ insieme ai nostri bambini? Significa stare insieme in maniera gioiosa e serena. Svolgere delle attività, senza distrazioni come telefono o televisione. Non necessariamente attività impegnative.

Ad esempio, per i più piccoli dare tutta la nostra attenzione quando fanno il bagnetto, coinvolgendoli in modo giocoso in questa attività, oppure mentre li cambiamo, facendolo con calma e cercando di godere di ogni attimo. Guardare insieme il cartone animato preferito. Se non vi sentite ‘capaci di giocare’, se pensate di non avere abbastanza fantasia e vi sentite a disagio non preoccupatevi! Per i vostri figli è importante avervi accanto.

Provate in una prima fase solo a osservarli mentre giocano, vedrete che sarà il vostro bambino a coinvolgervi indicandovi cosa fare. Perché non importa qual è il gioco, ciò che importa è trascorrere del tempo prestando tutta la vostra attenzione a loro. Far sentire che siamo a disposizione. Non è necessario passare ore e ore a giocare e cantare, sarà sufficiente ritagliarvi un piccolo tempo, anche solo 15 minuti al giorno per stare esclusivamente col vostro bambino.

Insomma meglio poco tempo, ma con un’alta attenzione verso il bambino che parecchie ore in cui si è disattenti e distratti a far altro. Di conseguenza ne gioverà il legame tra voi, i conflitti diminuiranno e migliorerete l’armonia, il vostro rapporto ne gioverà.

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