Disturbi alimentari nei bambini: come riconoscerli e affrontarli

Fino a qualche anno fa i disturbi alimentari interessavano perlopiù gli adolescenti. Oggi, le strutture sanitarie italiane registrano un aumento di casi di bulimia e anoressia soprattutto tra i bambini al di sotto dei 10-12 anni. Alla base del fenomeno spesso si nasconde un forte disagio interiore.

Quali sono i principali disturbi alimentari e come riconoscerli

Da sempre, cibo e acqua rappresentano per l’uomo la principale fonte di sopravvivenza. Nel neonato, il latte materno (o artificiale) appaga un istinto primordiale ma al tempo stesso consente di costruire un rapporto intrinseco con la mamma. Crescendo, con lo svezzamento, il bambino comincia a sviluppare delle preferenze, scegliendo cosa e quando mangiare.

Da atto puramente individuale, il nutrimento inizia a diventare un momento sociale, un’occasione per relazionarsi con gli altri (genitori, parenti e perfino i compagni d’asilo o di scuola). In questa fase così delicata potrebbero svilupparsi i principali disturbi dell’alimentazione quali il comportamento selettivo, la disfagia funzionale, il rifiuto del cibo e l’anoressia infantile.

Il comportamento selettivo e il disturbo di alimentazione selettiva

Il comportamento selettivo è un fenomeno piuttosto comune. Semplice da riconoscere, si verifica quando il bambino decide di mangiare solo alcuni alimenti, rifiutandone di nuovi (neofobia). La scelta non avviene secondo criteri ben precisi, ma in maniera del tutto casuale, per cui il bimbo può optare per l’assunzione di soli cibi di colore bianco o per quelli semi-solidi come pappine o frullati.

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Quando la selezione diventa sempre più restrittiva di parla di Disturbo di alimentazione selettiva. In genere gli alimenti prediletti restano pasta, pane e pizza e questo permette al bambino di mantenere almeno il giusto apporto di carboidrati necessari per la sua crescita, nel tempo, però, questo genere di disturbo potrebbe comportare gravi carenze alimentari e problemi dello sviluppo.

L’atteggiamento tuttavia non deve essere confuso con il comportamento fisiologico. Fino ai quattro anni, infatti, tutti i bambini sono portati a selezionare il cibo in base ai gusti personali, ma superato questo momento, si accostano gradualmente a nuovi sapori anche grazie al supporto dei genitori che non devono arrendersi al primo rifiuto, ma neanche forzare.

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La disfagia funzionale e il disturbo da rifiuto pervasivo del cibo

La disfagia funzionale deriva invece da un trauma. Il bambino non mangia con piacere o addirittura rifiuta il cibo per paura di ripetere una brutta esperienza come ad esempio un boccone andato di traverso.

Tra tutti i problemi alimentari indicati, il più grave è il rifiuto pervasivo che consiste nell’evitare il cibo ma anche i liquidi. L’atteggiamento nel tempo potrebbe sfociare in gravi casi di disidratazione e sottopeso con conseguente necessità di ricoveri in ospedale.

Disturbi alimentari: le principali cause e come affrontarli

I disturbi alimentari possono essere legati a condizioni fisiche specifiche (ad esempio la celiachia, il reflusso gastroesofageo o l’autismo) oppure a problematiche psicologiche, come un lutto in famiglia o l’arrivo di un fratellino non adeguatamente metabolizzato.

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I genitori hanno il compito di aiutare i bambini a superare il problema prima che diventi cronico. L’osservazione attenta delle abitudini del piccolo a tavola è senz’altro il primo passo per il successo. È importante non colpevolizzarlo, evitando pericolose forzature.

Se si decide di proporre del cibo alternativo, bisogna farlo in maniera graduale. Così, ad esempio, se il bimbo mangia solo cibi in bianco, come il semolino, gli si può dare in sostituzione del riso, con un filo d’olio e magari una spolverata di formaggio grattugiato per rendere il piatto più appetitoso ma anche nutriente.

Bisogna fare il possibile per restituire al cibo il giusto valore relazionale. In che modo? Possibilmente invitando il piccolo a partecipare alla preparazione di un dolce, di un primo piatto oppure invogliandolo a fare insieme la spesa, optando per prodotti genuini.

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In più, se il bambino non mangia non bisogna reagire ricattandolo e impedendogli, ad esempio, di guardare la TV oppure di giocare alla Playstation. Diversamente, se ottiene un successo a scuola non bisogna dargli come premio un cioccolatino. In questo modo non si fa altro che creare uno stato di tensione e ansia.

Rivolgersi a centri specializzati oppure ai servizi di neuropsichiatria infantile è il modo migliore per affrontare i disturbi alimentari nel bambino. Il percorso terapeutico include anche la partecipazione attiva di entrambi i genitori.

Nel caso si sospetti un disturbo alimentarie, il primo passo è sicuramente quello di rivolgersi al proprio pediatra. Per qualsiasi dubbio, infine, è possibile contattare il numero verde per i disturbi alimentari del Ministero della Salute allo 800180969.

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